Diario degli errori: incontri e premonizioni

Gianni Berengo Gardin, Catania 2001

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Talvolta penso di essere troppo severo, con me stesso, con gli altri. Poi, mi dico: dai, Mauro, torna in te, su. Sul fondo dei ragionamenti, infine, trovo una vena di ottimismo che non mi aspettavo. Evidentemente credo di poter far meglio. Che gli altri possano far meglio, nonostante ciò che mi capita di vedere attorno. Poi mi dico: dai, Mauro, torna in te, su. 

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Champagne Dom Perignon 2002. Altra bottiglia, altro errore, € 175. Direi basta. 

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Con degli amici ho preso un caffè sul lungomare con lo scrittore Paco Ignazio Taibo II, a Napoli per presentare il suo A quattro mani (un bel romanzo). Sono arrivato in leggero anticipo e nell’attesa mi sono fumato una sigaretta seduto sul muretto a ridosso del mare. Faceva un gran caldo. Sulla scogliera antistante, in basso, ho notato una ragazza in bikini che prendeva il sole sdraiata: a un paio di metri una coppia asiatica, poco più a destra una di colombi. È bello pensare che in qualsiasi momento, in una città come Napoli, si possa andare al mare a prendere il sole in bikini. Ma io, almeno in quel tratto del lungomare, non ci riuscirei: avrei sempre il timore di vedere anche una coppia di ratti giganti.
Taibo II è una persona molto semplice oltre che un abile scrittore. Fuma che è un piacere e beve Coca-Cola senza ghiaccio ma con limone. Mi piace la sua calma e la sua capacità riflessiva, ha uno sguardo profondo, ama il gioco e l’ironia, è un picaro che insegue Salgari, si diverte e ha passione. Dei nostri ama Sciascia e Calvino, i registi Petri, Monicelli, Pontecorvo. È un ottimista che ride ripetendoti la battuta dei messicani: "non c’è niente di peggio del Messico, neanche l’inferno".
Con noi c’erano altre persone, alcune sudamericane abbastanza pittoresche, un paio di traduttori e scrittori nostrani: uno non ha detto molto, rideva spesso, aveva una abbronzatura noce di cocco uniforme che stagliava su una barba corta dalla linea perfetta. L’altro, invece, palliduccio, sembrava malaticcio e alla fine si è impelagato nel solito discorso della crisi dell’editoria e di come fossero pagati male scrittori e traduttori qui in Italia. Insomma solite cose sacrosante, dense di buon senso, e ovviamente noiosissime. Lo vedo ben avviato a una fulgida carriera di sindacalista letterario.
Taibo II ha raccontato di un romanzo cui sta lavorando che si conclude a Napoli, per la precisione a Spaccanapoli: “che ti toglie il fiato”. La prima volta che è venuto qui, moltissimi anni fa, uscito dalla stazione si è trovato davanti un tipo che, all’in piedi su un motorino, martellava un semaforo. Non ha potuto fare altro che esclamare: “sono a casa”. Si sente a suo agio come a Città del Messico. La stessa vitalità nelle persone e nella città. Tra i vari aspetti uno cui è affezionato particolarmente, citazione involontaria alle lavandaie de La Gatta Cenerentola di De Simone, è il modo pittoresco e articolato che abbiamo di ingiuriarci. 
Al suo saluto finale - "Ciao, collega" - forte è stata la tentazione di rispondere con un coerente omaggio: “ma vafanculo tu e chella pirchipètola e soreta.”

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Juventude tirannide. Non è constatazione calcistica ma riferimento al Greco di Tufo 2010 di Pietracupa. Gioventù lo scrivo in portoghese per coloro che non vogliono o non possono permettersi la selezione “G” della stessa annata e dello stesso produttore (€ 70/80 .ca). Provate a cercare questo. 

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In una pizzeria gourmet**: 

- E da bere, desiderano qualcosa? 
- Si, una bottiglia di Piedirosso* di Raffaele Moccia, Agnanum, grazie. 
- Ah, devo verificare, forse non l’abbiamo, ma dello stesso produttore abbiamo sicuramente il Per’ e palummo
- Va bene, ci accontentiamo. 

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Qualche giorno fa ho scoperto che, finalmente, è stato pubblicato nuovamente Optimus Potor, ossia il vero bevitore di Paolo Monelli, dalla casa editrice Il Novello. L’ho preso subito, un testo fondamentale per chi ama il vino. Ciò che non sapevo e che ho appreso dalla quarta di copertina è che inizialmente il testo uscì a puntate sulla Gazzetta del Popolo, fu poi raccolto per essere pubblicato dall’editore Treves, in Milano, nel 1935. Conoscevo solo la versione Longanesi (1963). La notizia ha qualcosa di sensazionale, direi: ché Monelli dimostra quali siano le capacità taumaturgiche del vino. Nelle prime pagine, capitolo II, infatti, cita Hemingway riportando le parole scritte sul Valpolicella - “cordiale come un fratello con cui si va d’accordo” - contenute in Across the river and into the trees. Adesso sappiamo che non si tratta di citazione ma di puntualissima premonizione poiché il romanzo non uscirà che quindici anni dopo, edito da Scribner a New York, nel settembre del 1950.
Un motivo in più per non essere astemi. 

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Annoto: Gianni Berengo Gardin, in mostra, fino al 28 agosto, qui.


* Piedirosso: vitigno a bacca rossa tipico dei Campi Flegrei il cui nome locale è per’ e palummo
** Gourmet: termine francese, forse inglese, che ha traduzioni variopinte, tra le altre: imbuto di forma cilindrica.

ps. qui e qui, i precedenti.

posted by Mauro Erro @ 11:22,

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