E’ il mercato che ce lo chiede…



Nell’ambiente del vino capita spesso di ascoltare o leggere frasi del genere: Quelli che "è il mercato che ce lo chiede, è il mercato che vuole vini così", (jacopo cossater pochi minuti fa via twitter). O ancora ascoltare lamentarsi un degustatore per i troppi vini di stile “borgognone” che s’incontrano oggi anche nei posti più impensabili. Oppure udire un critico osservare che, in tante parti del mondo, ancora oggi, dei vini “gastronomici” non interessa nulla; piuttosto che sentire chiedere ai produttori di fare vini che siano innanzitutto di loro gusto. 
Al di là del tono di ciascuna affermazione, amarezza, invocazione, semplice osservazione, il punto nodale rimane il commitente: il consumatore, senza il quale non staremmo qui a parlare. 
In quanto prodotto di cultura materiale il vino è anche oggetto sociale. Soggetto ai tempi e ai gusti del momento, come alle innovazioni tecnologiche e non solo. A nessuno verrebbe in mente di paragonare i vini degli anni ’60 a quelli degli anni ’90, quest’ultimi con i vini di oggi. Anche nel particolare, ad esempio, i Barolo di Maria Teresa Mascarello non sono quelli di suo padre, i vini di Giacosa degli anni ’80 sono diversi da quelli prodotti oggi. Ed è normale che sia così. Cambiamo noi, cambiano le nostre abitudini, cambiano i vini che beviamo. 
Detto quindi che è da sempre il mercato nella sua più ampia accezione a determinare l'idea di vino (dal momento in cui non lo si produce più per consumo personale), il punto è che nel mondo globalizzato il committente o il mercato a cui spesso si fa riferimento è qualcosa di più complesso e frammentario: c’è tra i produttori chi pensa a ciò che vogliono gli americani o gli olandesi, c’è chi pensa a cosa vorranno i cinesi*. Non che sia necessariamente un male. Il confronto, l’apertura, provare strade diverse, sperimentare sono cose che nel nostro paese invochiamo in altri settori e che sono stati motivo di miglioramento in passato per il vino italiano, non solo di storture. 
Certo nonostante s’invochi spesso, la sfida sempre più difficile sarà costruire un’idea di identità territoriale contemporanea, fatta anche di infiniti particolari, e che tenga conto del tipo di consumatori che saremo noi (noi chi?). 

*non dimenticando che in Italia si beve sempre meno, e si produce sempre troppo.

posted by Mauro Erro @ 10:54,

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