Great British Beer Festival 2012


Ormai è andata: il Great British Beer Festival 2012 si è concluso e, in tempi di giochi, ci sembra giusto commentare il medagliere. Partiamo dai numeri, 800 tra real ales, ciders e perries, raggruppate per zona di produzione in uno degli stand dislocati lungo la vecchia stazione Olympia a Londra. Un numero impressionante, segnale del lavoro svolto fino ad ora dal CAMRA, associazione di appassionati nata nel 1971 e che oggi conta più di 130 mila membri, con l’unico scopo di preservare le Real Ale ed i pub che le servono dall’omologazione del gusto, dalla crisi economica e da una delle più alte tassazioni sulla birra in europa, responsabile secondo ultime stime della chiusura di circa 12 pub alla settimana. Ad oggi la Gran Bretagna può vantarsi di circa 900 birrifici e 5.500 real ales prodotte e sembra, fortunatamente per gli appassionati, che il trend sia in crescita. 
Venendo ai premiati, ci sarebbero molte considerazioni da fare sulle birre che hanno guadagnato il podio assoluto. Non ho avuto la fortuna di assaggiare la No 9 del birrificio Coniston, una barley wine da 8,5 ABV che rilancia uno stile meno considerato e nella scelta dei publican che dei consumatori (vale la pena sottolineare come il costo finale della birra dipenda dalla gradazione alcolica). Chi ha avuto modo di assaggiarla (Luca Giaccone, ndr) mi ha parlato di una certa immatura dolcezza che il tempo dovrà mitigare, ma le premesse ci sono tutte. Secondo posto per la Trawlerboys Best Bitter di Green Jack, una BB ambrata da 4.6 ABV, dove le note maltate ben evidenti si fondono con un fruttato da luppolo, prima che l’amaro completi il sorso. Al terzo posto, ancora una birra che conduce a delle riflessioni, la American Pale Ale di Dark Star, una birra da 4.7 ABV con l’utilizzo di lieviti e luppoli americani e Maris Otter come malto base ed il risultato è sorprendente (ma forse anche il podio). Se al naso infatti esplodono le note agrumate, resinose e balsamiche del luppolo, in bocca queste sono domate, seppure evidenti, e declinate secondo quell’eleganza che appartiene alle birre inglesi e manca a quelle americane, fatte le dovute eccezioni. Una birra dall’essenza inglese anche se di sembianze americane, a dimostrazione che la potenza è nulla senza controllo. Forse la lezione che ci offre vale il podio. Tra le altre ho apprezzato la Ruby Mild di Rudgate, vincitrice nella categoria Mild Ale (stile che apprezzo molto) anche se alquanto atipica data la sua potenza alcolica (4.4 ABV) e soprattutto d’amaro, decisamente sopra le righe dato lo stile, ma efficace nel contrastare le note maltate di inizio sorso. Riesce laddove molti hanno fallito, la Windsor & Eton brewery con la loro Conqueror Black IPA, una birra di tutto rispetto, di soli 5 ABV, complessa e aromatica, nata dall’utilizzo di 5 qualità di malto con luppoli Summit e Cascade, a fondere le note tostate con quelle donate dai luppoli, senza che l’amaro la renda poco bevibile e le note tostato-affumicate la facciano sconfinare in altri stili (ammesso che questo esista). 
Dalle black IPA alle porter/stout il passo è breve e tra le altre ho il dovere di segnalare la Bottle Wreck del birrificio del West Sussex Hammerpot, una porter compiuta e godibile da 4.7 ABV, ricca di note tostate (cioccolato e caffè) a sostenere una piacevole scorrevolezza del sorso, mentre non mi ha convinto del tutto, seppur buona, la Umbel Magna di Nethergate, porter da 5 ABV con l’aggiunta di coriandolo: la spezia infatti in qualche modo domina la bevuta, essendo percepibile e a inizio sorso e quando il retrolfattivo sopraggiunge. In perfetta forma, entrambe “canoniche” ed entrambe a premio, la Town Crier (golden ale) di Hobson e la Stormstay (strong bitter) di O’Hanlon’s. Non mi ha convinto invece la Hebden’s Wheat di Little Valley e questo mi è capitato anche con altre birre di frumento inglesi, che soffrono probabilmente il confronto con le cugine continentali. In generale, la qualità media mi è sembrata molto alta e non sono incappato in fregature. Buono anche il flusso di persone allo stand nostrano, dove a “tenere botta” c’erano le birre di Birrificio del Borgo, Baladin e L’olmaia. Affollato - devo dire - anche lo stand made in USA. Questa volta dico no. Tra la selezione di ciders and perries, ho particolarmente apprezzato rispettivamente Cornish Orchards e Butfor Organics. Un bel modo per chiudere la giornata. E il festival.
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posted by Mauro Erro @ 09:32,

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