Mode, tendenze e cultura del vino (e i cambi di casacca)


Prima di parlare di cultura, nel mondo del vino, bisognerebbe immergersi nella cruda realtà. Intendo dire che una cultura del vino dovrebbe essere più diffusa e condivisa per essere tale. E purtroppo non lo è, in un paese come il nostro che si definisce di tradizione. 
Certo non mancano gli operatori volenterosi che di cultura ne hanno e che cercano di diffonderla, ma il popolo di appassionati ed entusiasti del vino rappresenta una nicchia rispetto a quello che identifichiamo, seppure genericamente, come il popolo dei consumatori. 

Ciò nonostante, anche se gli appassionati di vino (intesi come giornalisti, blogger, operatori di settore e bevitori che frequentano siti e forum) difficilmente arrivano al consumatore e la loro influenza su quest’ultimo è difficilmente misurabile, sono in grado di determinare mode, tendenze e di conseguenza, in parte, le dinamiche che ricadranno proprio sul bevitore ignaro. 

Un esempio dell’ultimo periodo è che a furia di ripetere il mantra bevibilità, acidità, mineralità, nell’ambiente si è andato sostituendo il modello Borgogna a quello Bordeaux, tanto in voga una decina e passa di anni fa, come modello ispiratore delle nostre fortune. 
I primi cambiamenti si vedono già nel packaging di molte bottiglie italiane. Sempre più rare le bordolesi spalla alta (per non parlare di quelle dal vetro spesso 8 cm, che facevano insorgere non solo gli ambientalisti più accaniti), sostituite da panciute Borgognotte. 
Il Cirò Riserva Duca San Felice dei Librandi, l'ultima che ho visto di una lunga serie.

p.s. dando ai vocaboli contenitori Borgogna e Bordeaux il significato che superficilamente si è diffuso in questi ultimi anni.

posted by Mauro Erro @ 12:48,

8 Comments:

At 14 maggio 2012 alle ore 14:09, Anonymous Anonimo said...

Duca San Felice nella borgognona non si può vedere!!!!
Ogni periodo ha i suoi MUST, forse tra una cinquantina di anni parleremo (parleranno io forse non ci sarò!) di zone vocate che oggi non immaginiamo neanche e al posto di termini quali: digeribilità e bevibilità ci racconteremo la storia del vino a 8 gradi di alcol e di contenitori per l'affinamento in cantina di...fango e sterco secchi.

ClaudioT

 
At 14 maggio 2012 alle ore 21:58, Blogger luigi fracchia said...

Io anche a scavare e pensare non vedo nulla di male in tutto ciò e non riesco a indignarmi.

 
At 14 maggio 2012 alle ore 23:43, Blogger Mauro Erro said...

Si, infatti, non vedo il motivo per indignarsi. Basta solo sapere di cosa parliamo e il Cirò Duca San Felice me lo bevo indifferentemente dalla bottiglia, basta che sia buono.

Allo stesso tempo motivi per rilettere ce ne sono: l'apparire non coincide necessariamente con l'essere, e l'essere qualcos'altro da se, copiare da qualcun altro non è, in questo campo soprattutto, il quid che fa la differenza. E sinceramente se mano a mano si perdessero i nostri formati, che sò, adesso che scrivo dalla Langa penso all'albeisa, mi dispiacerebbe.

 
At 21 maggio 2012 alle ore 20:54, Anonymous Francesco Amodeo said...

Tutto vero, però avrei ritenuto doveroso anche dire che non tutti si sono ammalati della sindrome del "cambio di casacca", e che i concetti di territorialità-bevibilità-tipicità erano già stati difesi a lungo parecchi anni fa da persone (non certo io) che allora venivano definite come "talebane/oscurantiste/retrograde". Oggi le si preferisce definire come "modaiole", quando invece, grazie al web, è tutto scritto da tanto tempo e facilmente consultabile.

 
At 21 maggio 2012 alle ore 21:03, Blogger Mauro Erro said...

Perdonami Francesco, ma non capisco l'attinenza del tuo commento con ciò che ho scritto io.
Puoi aiutarmi?

 
At 21 maggio 2012 alle ore 21:19, Anonymous Francesco Amodeo said...

Nessun problema, so benissimo di non essere molto bravo a scrivere. :-)
Leggo nel tuo pezzo, sopratutto nel titolo, una sorta di critica ad alcuni appassionati di vino (le categorie che elenchi) in quanto essi sarebbero alla fin fine responsabili di questi cambi di tendenza che accadono all'interno del mondo del vino. Traspare una evidente critica alla forza di tali posizioni, in quanto relegate ad essere flessibili come lo è una bandiera mossa dal vento. Io ritenevo semplicemente opportuno ricordare che sono anni che alcuni appassionati difendono questi concetti quali l'adesione al territorio e la bevibilità, concetti che solo oggi hanno assunto l'importanza che meritano; sarebbe ingiusto fare di tutta un'erba un fascio e parlare semplicemente di "mode" o "cambi di casacche". Tutto qui. :-)

 
At 21 maggio 2012 alle ore 21:31, Blogger Mauro Erro said...

Caro Francesco mi sa che io non sono stato capace, scrivendo, di essere chiaro, eppure credo di aver fatto riferimento ai "voleterosi operatori di settore" che cercano di diffondere cultura del vino. Così come ho scritto che gli operatori, nella maggior parte dei casi involontariamente, mode e tendenze in parte le determinano, non ho scritto che sono banderuole.
Infine, un'idea interpretativa sia essa filobordolese (maleinterpretata) o filoborgognona (anch'essa male interpretata) cozza con qualsiasi idea uno possa avere di territorialità e tipicità, argomenti di per sè spinosi e lunghissimi. E vale anche per la bevibilità. Concludendo, la mia era una semplice osservazione sul mercato del vino (dove in alcune consistenti fette il secondo modello si è sostituito al primo) e su come marketing e packaging vadano di pari passo. Tutto qui.

 
At 21 maggio 2012 alle ore 21:39, Anonymous Francesco Amodeo said...

Ah, d'accordo, ho fatto una lettura sbagliata del tuo pezzo. Grazie per la delucidazione :-)

 

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