Ma quand’è che il vino ha smesso di essere alimento?

foto di repertorio

Riguardando i dati dei consumi interni e l’inarrestabile crollo che avviene dagli anni ’60 sempre più spesso mi pongo questa domanda. Perché per me il nocciolo della questione è tutta lì, nel cambio culturale che ha portato il vino da alimento presente sulle tavole degli italiani a bevanda edonistica e nulla più.
Quand’è che successo?
E noi dove eravamo?

posted by Mauro Erro @ 15:02,

6 Comments:

At 19 settembre 2011 alle ore 17:36, Anonymous Rinaldo said...

Col passaggio dalla società agricola a quella industriale e post industriale. E’ cambiato tutto. Anche la dieta e quindi il ruolo del vino al suo interno. L’importante è che rimanga e non scompaia del tutto.

 
At 19 settembre 2011 alle ore 17:54, Anonymous gianpaolo said...

proprio oggi, come succede spesso, avevo degli stranieri in cantina (canadesi), ed il punto che ho tenuto a fare è questo: il vino per noi è cibo. Dal che poi discende una serie di considerazioni sugli usi dello stesso e anche sul modo di pensarlo e produrlo.
Detto cio', mi pare che un consumo di 100 litri procapite come negli anni '70, riportato ad oggi, sarebbe una follia. Non penso che il 45 litri di oggi siano pochi, è anche cambiato il modo di mangiare, non solo quello di bere.

 
At 19 settembre 2011 alle ore 18:10, Blogger Mauro Erro said...

@ Gianpaolo: siamo proprio sicuri che sia ancora così, oggi, rispetto alle generazioni più giovani? E come bisognerebbe "intervenire" in tal senso?

@ entrambi: se il cibo tende verso l'alleggerimento, come vi spiegate, nell'ottica del vino/alimento, "l'appesantimento" di quest'ultimo degli anni novanta e duemila?

 
At 19 settembre 2011 alle ore 20:24, Anonymous Alessandro Marra said...

Ma se dico che negli ultimi tempi il vino sembra essere ri-tornato un po' più "alimento", è un'eresia?

Anche per il modo di farlo, intendo (l'opposto dell'appesantimento di cui parli a proposito degli anni Novanta e Duemila).

 
At 19 settembre 2011 alle ore 20:40, Blogger Mauro Erro said...

Non lo so.

Mi sembra che la crisi stia accentuando le differenze. Chi rincorre un mercato, chi un altro.

Nei miei ultimi giri, in zone italiane lontane tra loro, ho verificato assonanze nella ricerca, nei vini bianchi, di morbidezze talvolta veramente melliflue: residui zuccherini lasciati per incontrare il palato di un consumatore di riferimento per l'azienda produttrice.

Oggi è vero che non esiste una ricetta vincente che faccia la differenza e che ti assicuri tranquillità nelle vendite.

 
At 19 settembre 2011 alle ore 22:48, Anonymous Rinaldo said...

Credo che storicamente il vino sia stato inteso come alimento; per questo è diventato tradizione; per questo è destinato a non scomparire. Ciò non toglie che il suo ruolo all'interno del modello sociale di riferimento, sia destinato a continue modifiche, aggiornamenti, adattamenti anche ondulatorio/sussultori. E' importante che ci siano: sono un segno di vitalità del settore.
Per esempio l'appesantimento secondo il mio parere, fu dovuto ad un'enfatizzazione degli aspetti edonistici, che furono estesi in verità anche all'immagine del vino (inteso allora come status symbol, con tutte le conseguenze del caso). Ma tutto ciò non poteva reggere più di tanto. E' del tutto evidente secondo me, che la ricerca di nuovi stili o opzioni di produzione, è strettamente legata alle diverse esigenze del momento storico e alla condizione sociale che cambia.

 

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