Degustatori o Giornalisti?

C’è una vecchia intervista di Ivano Antonini ad Alessandro Masnaghetti che ho già segnalato e che di tanto in tanto amo rivedere. Come rileggere un buon libro o vedere nuovamente e per l’ennesima volta un film che amiamo tanto. Lo faccio quando ho bisogno di risposte a domande che ciclicamente mi pongo e la cosa aiuta. Infonde sicurezza sapere come andrà finire la storia, conoscere tutte le battute; non ci saranno sorprese, delusioni, aspettative mal riposte.
L’intervista inizia con una domanda semplice ma significativa: degustatore o giornalista?
Contrariamente alla domanda, la risposta è assai complessa, non per Masnaghetti ovviamente, ma per chi fa questo strano mestiere, se tale si può definire, di degustatore di vini e di cibi.
È meglio chiarire subito che non mi riferisco all’essere possessori o meno di un tesserino. Anzi, per storia personale e indole, sono sempre stato allergico a privilegi e rendite di posizione che derivano dall’appartenere a caste. Per dirla semplicemente alla maniera di un amico direttore trovo quella degli albi una sesquipedale stronzata.
Intendo il termine e la professione di giornalista nel senso più alto. Laddove esista un senso più basso, non tanto nel significato che la parola racchiude, quanto nell’esercizio che della professione taluni fanno.
Degustatori o giornalisti?

Non è domanda cavillosa come può apparire a molti. Credo che la risposta non data a questa domanda racchiuda il percorso di questi ultimi dieci anni di critica enogastronomica dopo il crollo delle torri gemelle. Una data da cui un certo percorso già avviato anni addietro ha preso una accelerazione impressionante.
Più guardo i dati dei consumi del vino in Italia, del crollo inesorabile che prosegue, più mi chiedo dove questo nostro amato mondo andrà a finire. Come abbiamo potuto trasformare un alimento in semplice bevanda al pari di una coca cola o un sanbittér?
Non che la cucina se la passi meglio. Ecco il commento di un lettore ad un articolo sul tema: tra una o due generazioni l’arte della cucina in casa sarà scomparsa. Speriamo sia solo pessimismo il suo e si riesca a scampare al cibo precotto, industriale e al take away.

Benvenuto progresso. Non solo non siamo riusciti a risolvere la fame nel mondo, ma l’abbiamo accentuata ed è il cibo attraverso cui misuriamo le distanze tra classi. Ormai certi cibi e certi vini sono solo ad uso e consumo di élite mentre il telefonino, il televisore e tutti gli ammennicoli tecnologici che qualcuno crea già vecchi, sono alla portata di tutti o dei più. I più che non sanno cosa ingeriscono pur chiamandolo cibo.

L’uomo è ciò che mangia diceva Feuerbach. Ecco, allora mi sa che non sappiamo semplicemente cosa siamo.
Noi, noi dell’enogastronomia dico, siamo un’élite. E pare che ci teniamo ad esserlo. Soprattutto noi che ci occupiamo di vino intenti a frapporre sempre più muri tra noi e loro e tra noi stessi, muri di parole spesso vuote, incomprensibili e insensate. Se una volta erano i numeri attraverso i quali pensavamo di raccontare il vino adesso sono sempre più termini onanistici e presuntuosi: metossipirazine, etilfenolo, mercaptani.
Noi che citiamo Monelli, Veronelli e Soldati con parole pesanti peggio delle lapidi di marmo dietro cui sono sepolti. Ne amiamo le forme letterarie, i ghirigori, le capacità di scrittura ed espelliamo sempre le loro denunce palesi, puntuali, fattuali, che risalgono a quaranta e più anni fa. Per noi contano le opinioni e non i fatti e ci attorcigliamo su di essi e quando c’è da criticare, perché i Maestri si possono e vanno criticati, ci limitiamo a bollare, come nel caso di Veronelli e del suo ultimo e più bello e libero e anarchico periodo, le sue parole con giudizi tanto sintetici quanto insopportabili: le parole di un vecchio rincitrullito.

Abbiamo espulso argomenti come se non ci toccassero, abbiamo dimenticato che cosa sia l’agricoltura, quale ruolo giochi, quali malattie abbia, quali brutture, quali nefandezze per concentrarci sul calice nel tentativo di oggettivare non si sa bene cosa.
Debolezze, le nostre, che chiamiamo strutturali. Tanto per giocare con le parole.
Meglio sparare un 85 o un 87 ad un vino o parlare di acetato di etile per nascondere problemi ben più grandi e reali di cui, invece, ci dovremmo occupare.

Mi facevo tutte queste domande, troppe, l’altro giorno, quando avevo tra le mani e sfogliavo svogliatamente per la prima volta il press kit che gli amici di Centopassi mi avevano dato a Vinitaly quando ero andato a trovarli.
Centopassi, l'attività vitivinicola delle realtà siciliane di Libera Terra, la Cooperativa Sociale Placido Rizzotto e la Cooperativa Sociale Pio La Torre che gestiscono terreni agricoli confiscati ai boss di Cosa nostra, circa 60 ettari a vigneto in provincia di Palermo.
Il solito press kit che le aziende rifilano ai giornali…, pardon, ai degustatori. Vino, vitigno, tipologia, annata, acidità totale, consuete informazioni di routine.
Dopo i vini, le vigne. Località Pietralonga, comune di Monreale, confiscato a Simonetti, del clan mafioso dei Riina. Vigneto Saladino, in omonima contrada, comune di Monreale, confiscato a Grizzaffi, del clan mafioso dei Riina. Vigneto Muffoletto, in omonima contrada, confiscato a Genovese, del clan mafioso dei Brusca. E poi altimetrie, tessitura dei terreni, epoca d’impianto, sistema d’allevamento, anche qui solite informazioni.

Poi leggo: "Vigna Cirasa, contrada Cerasa, Monreale, confiscato a Guccione".
Ecco, meglio non farsi troppe domande.
Siamo degustatori, critici al massimo, mica giornalisti.
ah

posted by Mauro Erro @ 08:21,

7 Comments:

At 25 settembre 2011 alle ore 11:55, Anonymous Franco Ziliani said...

condivido una parte del tuo post, laddove dici che non tutti i degustatori, anche i più bravi, sono giornalisti. E che non basta essere giornalisti per essere validi degustatori. Poi faccio fatica a seguirti Mauro, soprattutto nella chiusa finale dove sembri far capire che chi si occupa e scrive di vino non voglia "rogne" e preferisca evitare temi scottanti e scomodi che possono creare problemi.
Sai benissimo che non é sempre così, Mauro...

 
At 25 settembre 2011 alle ore 11:59, Blogger Mauro Erro said...

No, non volevo dire quello.
E so benissimo che non è così.
Semplicemente, non ce ne occupiamo abbastanza e quanto dovremmo, lasciando che siano altri, trasmissioni come report ad esempio, ad occuparsene...

Non è una critica a nessuno in particolare, solo domande e riflessioni.

 
At 25 settembre 2011 alle ore 12:35, Anonymous Franco Ziliani said...

Report ha dedicato al tema vino (e alle sue contraddizioni e degenerazioni) una sola puntata. Ci sono siti Internet e blog che a questi temi dedicano attenzione regolarmente... Dal tuo post sembra invece che a tutta la stampa del vino piaccia solo "cazzeggiare", fare accademia, evitare di toccare e criticare i potenti del vapore. Non sono d'accordo.

 
At 25 settembre 2011 alle ore 12:45, Blogger Mauro Erro said...

Franco, ognuno ci legge ciò che ci vuole, io mi sono semplicemente posto delle domande.
Per me determinati argomenti sono trattati poco rispetto, che so, alle polemiche sulle guide o ai punteggi dati ad un determinato vino, cosa che, a mio parere ha allargato la forchetta e le distanze tra chi in questo mondo ci lavora e ci vive e la gente comune.
Non è solo il caso del vino, potremmo parlare dell'olio o dell'agricoltura in generale.
Registro comunque il tuo non essere d'accordo, ma io non ho parlato nè di cazzeggiare nè di accademia, ma solo della direzione verso cui è andata la critica...
Mi ricorderò, la prossima volta, se mi ricapiterà di scrivere di questi argomenti, di fare una lista di distinguo...

 
At 25 settembre 2011 alle ore 14:05, Blogger Giroidea said...

Da semplicissimo appassionato vorrei dire che i dubbi sollevati da Mauro sono pienamente in sintonia con quanto noi comuni mortali - quelli che amano il vino buono, fatto bel rispetto del territorio, a cui non interessano più i recettori peperoneschi o speziali - vorremmo condividere e discuterete sui vari Blog.
La posizione di Franco mi sembra invece ancorata a posizioni che tenderebbero ad escludere chi vuole ritornare sulla terra. Ecco, mi fermo su quest'ultima considerazione perchè riassume quello che è il mio pensiero più schietto. Torniamo a parlare di terra e sicuramente il calice diventerà "meno amaro". ilVinauta.it

 
At 25 settembre 2011 alle ore 15:32, Anonymous Franco Ziliani said...

mi scusi Giroidea, potrebbe tradurre il suo pensiero: "La posizione di Franco mi sembra invece ancorata a posizioni che tenderebbero ad escludere chi vuole ritornare sulla terra"
Francamente non ho capito nulla, mi spiace

 
At 29 settembre 2011 alle ore 23:21, Anonymous Anonimo said...

ciao mauro
sono gaspare. qui solo per dirti che al mio matrimonio si sono bevuti questi vini.
e non solo perché simbolo di speranza per questo paese..

 

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