Sancerre o del minimalismo “vinoso”

[…] da questo terreno si ottengono i più grandi vini della denominazione,
che hanno i soli difetti di essere rarissimi e di richiedere anni di pazienza

prima di iniziare a dispiegare qualcosa di simile ad un “ventaglio aromatico”.

Armando Castagno
Sancerre – immobile turbolenza; Bibenda n.36


Non è facile spiegare la grandezza dei vini bianchi di Sancerre, denominazione della Valle della Loira, dal vitigno Sauvignon Blanc, senza fare riferimento al concetto di naturale espressione dei vini e di equilibrio.
Perché la sostanziale differenza tra questi sauvignon e quelli prodotti nel resto del mondo, con le poche ed ovvie eccezioni, è nel connubio creatosi da un centinaio d’anni a questa parte tra il vitigno, il territorio e l’idea produttiva dei vignerons.
Ovviamente non si può parlare della denominazione senza fare alcuni distinguo tra zone e matrici diverse – 3 o 4 le principali – e senza accennare alle Terres Blanches, marne argillo-calcaree che compongono la dorsale ad occidente del paesino di Sancerre, tagliate trasversalmente, alle Monts Damnes, dalle marne Kimmeridgiane per cui è famosa Chablis e a cui si riferisce Castagno nell’incipit di questo post.

Ne derivano, da questi terreni, vini che trasmettono tutta l’anima pietrosa di questi luoghi, terreni che neutralizzano il corredo varietale del Sauvignon Blanc, contribuendo ad un quadro d’insieme di rara bellezza dove bandite sono le note più comuni che vanno dalla pipì di gatto alle foglie di pomodoro o peperone (sic).

Vini sottili nei profumi, che si propongono in sottrazione, dotati di corpo e di una struttura dove acidità e sapidità, soprattutto, caratterizzano la beva.
Vini difficili da inquadrare al naso, facili da comprendere al palato e che richiedono pazienza al consumatore.

Sancerre Chêne Marchand 2008, Vincent Pinard
Proviene dalle Caillottes, banchi di calcare oxfordiano; si dimostra il più disponibile nei profumi: apre su una nota verde tra asparago e fave, poi chewingum, sandalo, una nota minerale scura. Con la sosta all’aria si aggiungono note di nespole, un accenno floreale, una nota burrosa, note di banana, mela verde, menta.
Bocca succosa, densa nel centro bocca, sfuma sul finale chiudendo leggermente amaro.

Sancerre Les Aristides Vieilles Vignes 2008, Thomas Labaille
Incipit gessoso, aggiunge note accennate silvestri in un quadro elegante ma al momento non molto definito. Bocca di buon succo all’ingresso, s’irradia nel finale grazie ad una acidità limonosa e luminosa.

Sancerre La Fleur de Galifard 2008, Thomas Labaille
Compatto e solido al naso, si concede poco: lieve la nota minerale, la nuance di tabacco, nota di pino e anice. Bocca spessa e grassa, dal finale asciuttissimo.

Sancerre Clos La Neore 2008, Edmond e Anne Vatan
Spiazzante questa prima annata di Anne per chi era abituato all’arrembante sapidità dei vini di papà Edmond, inavvicinabili se non dopo una prolungata sosta in cantina. Naso di frutta, spezie, con una nota minerale tra il metallico e la polvere pirica. In bocca ha grande carica aromatica chiudendo sul sale (gli ultimi due della batteria sono i più dotati quanto a sapidità) e una leggera e appena percettibile sensazione burrosa. A bicchier vuoto, fa capolino un netto appunto salmastro.

Sancerre La Grande Cote 2008, Pascal Cotat
Sauté di cozze, erbe aromatiche, una nota minerale ferrosa, selce, carne frollata.
Bocca coerente, finale urlato di mineralità; ritorni aromatici conseguenti. Il più bello, a mio giudizio, della batteria.
ah

posted by Mauro Erro @ 11:14,

9 Comments:

At 14 luglio 2011 alle ore 12:22, Anonymous Bianca said...

Bell'articolo. Come sempre.

Una curiosità: cosa intendi per "Vini che si propongono in sottrazione"?
L'ho sentito dire già altre volte - proprio da Castagno, mi sembra - ma non ho mai avuto il coraggio di chiedere spiegazioni.
Ora posso approfittare dell'anonimato di internet e lanciarmi nell'insidioso mondo delle "domande cretine". :-)))

 
At 14 luglio 2011 alle ore 12:33, Blogger Mauro Erro said...

Le domande non sono mai cretine, le risposte possono esserlo, disse qualcuno.

Pensa allo stile di molti vini anni '90. Vini che nel profilo olfattivo erano per addizione: forte intensità aromatica e le note che si sovrapponevano a strati.

Questi vini si potrebbe arrivare quasi a definirli "inodore". Sottilissimi; i profumi che avverti sembrano più il ricordo di qualcosa di svanito, che non il profumo in sè: sottrai fino ad arrivare all'essenzialità.

Spero che la risposta non sia cretina. Ma può darsi che intervenga Armando e ti dia una definizione migliore della mia.

 
At 14 luglio 2011 alle ore 13:02, Anonymous Bianca said...

Grazie.
Non solo la risposta è intelligente ma è anche chiara e - beccati il complimentone! - deliziosamente poetica.
Un "ricordo di qualcosa di svanito" ... che romantica suggestione ... :-)
Approfitto della tua disponibilità e continuo con le domande: in cosa si potrebbe riassumere l'"essenzialità" nel Sancerre?

 
At 14 luglio 2011 alle ore 13:12, Blogger Mauro Erro said...

roccia e sale...e grazie :-)

poi il tempo vi aggiunge il suo.

le note verdi dei sauvignon ovviamente non mancano, ma prendono soffuse e integrate nuances che vanno dall'asparago al muschio, dalle fave alle erbe aromatiche.

in alcuni, non molti esemplari, le note salmastre sono evidenti.

 
At 14 luglio 2011 alle ore 21:25, Anonymous Armando said...

Ciao Bianca, non c'è veramente nulla da aggiungere alla compiuta spiegazione di Mauro; io devo aver voluto dire questo, perché lo penso, e forse non avrei saputo spiegarlo così chiaramente. C'è qualcosa che brilla per la sua assenza; mi ricorda l'opera di un paio di grandissimi artisti del Novecento, l'uno dall'altro indipendenti, eppure spiritualmente vicini tra loro nel codice usato per esprimere questa modernissima idea, Domenico Gnoli e Robert Rauschenberg.

 
At 15 luglio 2011 alle ore 14:25, Anonymous Bianca said...

Temo di aver interpretato male almeno una delle due affascinanti posizioni.

Usando un paragone fotografico, l’esempio di Mauro mi ha fatto pensare al Tilt Shift: sfocare il superfluo per esaltare l’essenza.
“Brilla per la sua assenza”, invece, ci focalizza su ciò che manca, che non è a fuoco, non su ciò che resta.

Ma forse son le due facce di una medaglia che, purtroppo, ancora non mi è facile individuare …

 
At 15 luglio 2011 alle ore 14:28, Anonymous Bianca said...

Dimenticavo ... grazie per l'attenzione. :-)

 
At 15 luglio 2011 alle ore 15:50, Blogger Gianpaolo Paglia said...

Ieri sera degustazione Loira Est. Accanto un ottimo Manetou Salon (Domaine Pelle), un Poully Fume' senza infamia e senza gloria (non ricordo il nome) ho scoperto un ottimo Sancerre di Gerard Fiou, un 2010 ma gia' molto bevibile e gustoso. Conoscete?

 
At 15 luglio 2011 alle ore 15:53, Blogger Mauro Erro said...

Io no, per cui grazie della segnalazione. Cerco di reperire...

 

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