A come...Aligoté Bourgogne 2006, Pierre Morey

A.A.A. Asprinio d’Aversa (ad alberata i vigneti, s’intende) cercasi. Con moderata disperazione, ormai. La storia è vecchia, ne parlava già Mario Soldati nel suo Vino al vino: “… so’ rimaste sulo e’ nomme!” Lui, però, l’Asprinio lo sorseggiava dai Fratelli Triunfo alla Riviera. Era l’autunno del 1968. Oggi, per chi è alla ricerca di questo “grande, piccolo vino”, quasi sempre batoste. Gusto ispessito, fiacco; colore carico (dorato?); nessuna nota fresca, di limoni, al naso. La vite maritata va perdendo, intanto, il pioppo suo compagno. E la Bufala, la mozzarella dico, versa lacrime (di latte, non sempre puro) per la scomparsa dell’amico fedele. Sempre più spesso bollicine, sempre più spesse. Come se i contadini bramassero di portare i propri vini all’ammasso in un’autoclave. Ma la ricerca di un vino fresco, col ciglio basso (lowbrow direbbe Virginia Woolf ) non può finire qui.
Si parte. Per evadere dall’Asprinio, dalle Bufale, e pure dallo Charmat, che come metodo non mi ha mai convinto tanto. Si va lontano, verso paesi freddi, dov’è più bello ricercare l’alfabeto. Verso la terra promessa, per ritrovare con più gusto l’ABC.
Dunque, per suggestione, la tripla A rimanda ai vini selezionati e distribuiti da Velier. Ecco, il Bourgogne Aligoté 2006, di Pierre Morey. Oppure, se preferite: agricoltura biodinamica della Côte d’Or.
La luminosità è lunare. Composito e raccolto il bouquet (embè! Siamo in Francia). Fiori bianchi, appena appassiti. Anice (verde o stellato? Boh! Sarà la terra di Mersault) e, sullo sfondo, mollica di pane, nocciola e buccia di mela. Di media persistenza, ma il sorso è sapido, ancora svelto e guizzante. Insomma, per dirla in altro modo: nebbia, vapori, vento e un guizzo verde di lucertola che sparisce e riappare.
È un vino del Nord, è un piccolo vino che proviene dalle vigne, di una cinquantina d’anni, situate a Mersault, poco meno di due ettari a impianto fitto. L’abbinamento con la mozzarella forse è saltato, dovrebbe star bene con i nostri taratufi (alias tartufi di mare) oppure con delle uova. L’Artusi raccomandava di non girare la frittata. Aldo Buzzi, nel suo delizioso L’uovo alla kok, fornisce la ricetta della frittata di un uovo (più farina e latte), come la si fa in Germania. E riporta anche questa frase del proprietario dell’antico ristorante parigino Au Grand Véfour: “un’opera d’arte è sempre un’avventura: l’omelette non sfugge a questa regola”. Era il ristorante preferito di Colette, la scrittrice. Non temete, l’ABC sta per concludersi.
Per chi volesse poi arrivare al cuore dell’Aligoté, il viaggio avrà come meta il villaggio di Bouzeron, dove la vite cresce florida e alla zona è stata concessa l’appelation controlée dal 1997.
Il Bouzeron di Aubert de Villaine è certo un vino umile se paragonato a quelli prestigiosi della Romanée Conti, che dista meno di cinquanta chilometri da questo paesino, ma possiede precisione ed eleganza tali da competere con altri Borgogna ben più prestigiosi e cari. De Villaine, che è stato anche sindaco di Bouzeron, ama considerarsi come una levatrice piuttosto che un autore. Non si tratta di falsa umiltà, per lui: “l’autore è il terroir, a Bouzeron come a Vosne”; e la terra è un luogo sacro. Cosa che non risulterebbe così evidente nel terroir d’Aversa, almeno mi pare.
Au revoir Asprinio. Se qualcuno dovesse incontrarlo, me lo faccia sapere.

Maurizio Arenare
a

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posted by Mauro Erro @ 08:21,

2 Comments:

At 19 marzo 2011 alle ore 20:02, Blogger Lucio said...

Bellissimo, e come sempre è un piacere leggere Maurizio. Ci ho pensato ultimamente di prendere qualche bottiglia di Bouzeron Aligote di de Villaine, a sto punto appena mi capita l'occasione...

 
At 20 marzo 2011 alle ore 13:45, Anonymous Anonimo said...

Bravo Lucio, così qualcuna ce la beviamo insieme! Grazie (maurizio)

 

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