Taurasi Poliphemo 2006, Luigi Tecce

Luigi Tecce perdonerà la licenza letteraria (grafica, soprattutto), ma caso ha voluto che la sera prima del debutto del suo Taurasi Poliphemo, gli occhi del sottoscritto seguivano su uno schermo le vicende di Alice nel paese delle meraviglie secondo Tim Burton.
Ora, pur non avendo lunghi boccoli biondi che ricadono soavemente sulle spalle, il giorno dopo nel paese delle meraviglie io ci sono stato, guidato dal Cappellaio matto, ops, pardon, da Luigi Tecce.
Tra Poliphemo, il vino, il borgo di Rocca San Felice, la mefite, straordinario scenario naturale, una delle porte dell’inferno secondo Virgilio e luogo ove la natura mostra la sua forza con la morte che aleggia, solo il genio del vignaiolo poteva fare da nocchiere.

“Non esistono annate cattive. Esistono solo annate diverse. Devi cercare altro. Ti racconteranno altro.”

Matto?
Non so. È matto secondo voi uno che dedica ad un stallone di nome Varenne, capace nel 2001 di fare il Grande Slam (vincere l’Amérique di Parigi, il Lotteria di Agnano e l' Elitlopp di Svezia) l’annata del proprio vino? Vino mai uscito in commercio?
È uno capace di commuoversi raccontando di Gaetano Bresci, l’anarchico venuto dall’America per uccidere il re Umberto I di Savoia? Gaetano Bresci a cui dedica l’annata 2000 del suo vino. Neanche questo mai uscito in commercio, ovviamente.

Però come dargli torto quando il suo 2005 trova la tavola e si esalta, quando la magrezza dell’annata diviene bevibilità; il tannino leggermente ruvido è ingentilito dai cibi?
Uno di quei vini per cui ti incazzi appena lo assaggi, perché era come te lo ricordavi e non come l’ultima volta che lo avevi assaggiato. Uno di quei vini che modifica il tuo rapporto con il vino da tecnico con il misurino ad uomo che viaggia nel territorio, nel vino e le sue anime, diverse in ogni bottiglia, espressione ciascuna della propria terra e di un uomo e della sua sensibilità.

E il suo 2006, annata neanche questa felice? Mostra grande stoffa, primissima materia prima, maggiore voluttà dell’anno precedente; l’altitudine di Castelfranci sembra averlo preservato, il tannino è dolce e sapido, il sorso di gran freschezza.

E Luigi Tecce? Un timido anarchico, capace di raccontarvi un meraviglioso territorio come quello irpino attraverso un racconto, un formaggio o un grappolo d’uva. Un narratore eccezionale, attraverso la parola e attraverso il vino. Ogni volta che l’ho incontrato con la sua innocente sincerità nel porsi mi ha condotto attraverso il paese delle meraviglie attraverso lui e i suoi vini oversize (in tutti i sensi) che bene lo rappresentano e ne è sempre valsa la pena.
Come ho sempre consigliato, anche in questa occasione, l’unico modo per conoscerlo e capire veramente i suoi vini è andare a trovarlo e godere delle sue vigne e dei suoi esperimenti (Aglianico e bianchi passiti o fortificati tanto dirne alcuni).

E “dedicato a Varenne 2001”? Gran vino, grande emozione. Non vogliamo essere influenzati dalla “meravigliosa” giornata ma al momento dell’assaggio abbiamo pensato che un 2001 così, non lo avevamo mai bevuto.

Secondo Luigi questo 2006 gli fa il verso. Be’ glielo auguro.
5.200 bottiglie prodotte.
Affrettatevi.

“Eh si, sei proprio matto, fuori di testa.
Ma sappi che i pazzi sono i migliori.”
Alice in Wonderland, Tim Burton

foto: Luigi Tecce nei panni del cappellaio matto.

posted by Mauro Erro @ 08:42, ,


Segnalazioni: Io e Annie; Essere o non essere...

Era da un po' che mancavamo dalla nostra rubrica su Lavinium, rivista di vino e cultura online. La nostra postazione dove il cibo e il vino attraverso l'arte sono una metafora di viaggio in questo mondo.
Come ha scritto Roberto Giuliani Torna un nuovo attesissimo (scusaci Direttore per "l'attesissimo", n.d.a;-) "colloquio" fra Adele Chiagano e Mauro Erro, questa volta lo spunto arriva da una ricetta di patate ai funghi e da "Se niente importa" di Jonathan Safran Foer, per parlare del nostro rapporto con il cibo, e molto altro...
Bene, per leggerlo basta cliccare qui.


foto 1: Particolare della copertina del Libro Se niente importa, perchè mangiamo gli animali? di Jonathan Safran Foer, edizioni Guanda; € 18

foto 2: indizi...


posted by Mauro Erro @ 12:31, ,


Una Domenica con Luigi Tecce

Ascoltando Pascal Comelade...










posted by Mauro Erro @ 22:56, ,


Oggi in edicola il supplemento pasquale de Il Mattino

Oggi in edicola con il quotidiano Il Mattino esce il supplemento pasquale: sette chef emergenti campani propongono le loro ricette. Tra gli altri, il giovane Angelo D'Amico tornato nella sua terra di origine dopo numerose esperienze (Anthony Genovese, Carlo Cracco e Antonello Colonna per citarne alcuni) e in servizio al ristorante Barry del Cristina Park Hotel di Montesarchio (ristorante che da maggio dovrebbe trasferirsi a Benevento nella struttura dell'Una Hotel)
Il suo piatto? Ovviamente un tripudio di Agnello; ricetta raccolta e proposta da Adele.
Eccovi due foto in anteprima, per la ricetta sapete cosa fare.

posted by Mauro Erro @ 09:41, ,


Palazzo Petrucci un anno dopo

L’atmosfera è rilassata, dieci amici si danno appuntamento nel cuore del centro storico di Napoli, la città dalla bellezza pornografica (come la definì una volta un caro amico) dai mille colori e dalle mille chiese che pullula di gente come di vicoli, in Piazza San Domenico Maggiore, una delle più caratteristiche piazze della città, circondata da bellissimi palazzi nobiliari, che di giorno gode dell’andirivieni di studenti e professori universitari e di una miriade di altre persone.
Il ristorante, per chi non ci fosse mai stato, accoglie piacevolmente i suoi ospiti con un’eleganza minimal ma calda: è tutto ben curato, dall’allestimento in tavola ai particolari, al colore delle pareti spoglie, ma in linea con l’arredamento sobrio del luogo sino alla cucina a vista. Le aspettative, per chi come me ci ritornava dopo la stella Michelin, erano alte, ma sono state ben ripagate, oltre che dalla conferma delle doti di Lino Scarallo, chef del ristorante, dalle novità che abbiamo riscontrato.

La presenza in sala di Ciro Potenza, giovane sommelier, un servizio sempre più attento, i lavori in via di compimento della futura cantina (all’interno del palazzo nelle sale che un tempo erano destinate alle stalle e alla quale si accederà attraverso l’ampio cortile comunicante), le stanze ormai funzionanti per gli ospiti che vogliono trattenersi per la notte e la splendida notizia della prossima inaugurazione, prevista con l'arrivo della primavera, della terrazza panoramica. Non è fantastico avere la possibilità di gustare piatti freddi su comode poltroncine ammirando la bellezza della suggestiva piazza dominandola dall’alto?
E lo chef?

A un anno dalla fatidica stella, annunciata all’epoca della sua esperienza avellinese al ristorante La Maschera e ottenuta qui a Napoli, la sua città d’origine, dimostra di avere un’unica e grande dote: saper approfittare dei riconoscimenti ottenuti per crescere e migliorare. Appassionato come sempre e rispettoso del suo lavoro, a dispetto di alcuni suoi colleghi, non si è fatto sopraffare dal clamore del successo, ma ha continuato ad andare avanti con l’umiltà che lo contraddistingue. Il buon Lino non perde occasione per parlar bene dei suoi colleghi, ha sempre una parola affettuosa per ognuno senza celare una candida tenerezza anche verso chi ultimamente sembra aver preso delle sviste.
E’ evidente la sua ritrosia ai complimenti come alle fotografie al pari della voglia di crescere sempre e di più nell’avventura napoletana, manifestando un autentico interesse per i nuovi progetti e un’invidiabile complicità mista a rispetto nei confronti del suo patron, l’imprenditore Edoardo Trotta.

In cucina ha mantenuto il suo standard qualitativo ed è riuscito ad elargire ai suoi piatti un maggiore equilibrio nel gioco dei contrasti e delle consistenze, nella scelta delle materie prime alla ricerca dei sapori del passato affinati dall’eleganza del presente. Si confermano alcuni piatti che possiamo definire ormai un cult, come la lasagnetta di mozzarella di bufala campana e crudo di gamberi su salsa di cavolo broccolo, dove la dolcezza dei gamberi crudi ben si sposa con la sapidità e la consistenza della mozzarella di bufala, un connubio per me disarmante per quanto riuscito (nonostante qualcuno ultimamente disapprovi l’abbinamento crostacei/latticini).

Sempre più gradita la scelta di inserire le zuppe nel menù degustazione per spezzare la nostra tradizionale propensione alla pasta che quasi sempre, se non giustamente equilibrata e bilanciata, è causa di appesantimento nel percorso gustativo. Ottima, infatti, la zuppetta di cipolle gialle napoletane profumata all’alloro con uovo e pecorino di Carmasciano stagionato in grotte, dagli odori coinvolgenti tra sussurri di alloro e chiodi di garofano, la cui dolcezza accentuata dall’incontro con l’uovo cotto a bassa temperatura viene mitigata dal Carmasciano che le rende la giusta sapidità.
Perfetta la cottura, sempre a bassa temperatura, della guancia di vitello, con puntarelle (divine), pomodori confit e maruzzielli mentre la classe dello chef viene premiata dal trancio di pesce stella con insalatina di finocchio su salsa d’arancia: l’elogio dell’essenziale. La cottura (stavolta in sottovuoto) è a dir poco sublime tale da mantenere il cuore del trancio tenero e l’esterno più consistente e capace di far apprezzare il sapore del pesce nella sua totalità. Gradevolissima l’insalatina di finocchio con, alleluia, agrumi dosati sapientemente in modo da non coprire i sapori ma utili solo a chiudere il piatto con la giusta dose di freschezza. Un super cult, per concludere, con la stratificazione di pastiera che ci auguriamo non abbandoni mai la carta dei dolci del ristorante.

Carta dei vini arricchita rispetto alla nostra ultima visita, ma si può sempre migliorare soprattutto con qualche scelta fuori dai soliti schemi ed un’appropriata proposta al bicchiere.
Unico neo della serata (ma ahimè la nostra ultima visita è capitata di sabato e, come scritto prima, eravamo in dieci) il menù unico per tutti i componenti del tavolo, con opzione di scelta solo tra due secondi e due dessert, mentre una grande nota di merito è non aver gonfiato i prezzi del menù degustazione, come spesso succede. Gran bella esperienza, vale il viaggio per chi non è di Napoli e il ritorno per chi manca da parecchio, a me non resta che testare le nuove poltroncine per godere il risveglio della primavera dalla nuova postazione all’aperto!

Adele Chiagano

Foto 2: Lo Chef, Lino Scarallo
Foto 4: Il Sommelier, Ciro Potenza

Palazzo Petrucci
Piazza San Domenico Maggiore 4
80134 - Napoli
081-5524068
www.palazzopetrucci.it
Menu degustazione € 45 (vini esclusi)

posted by Mauro Erro @ 11:28, ,


La primavera dell'Enolaboratorio

Con l’arrivo della Primavera ricominciano gli appuntamenti

Dell’Enolaboratorio®

Il progetto ideato da Fabio Cimmino, Mauro Erro e Tommaso Luongo


Presenta

I primi quattro incontri della stagione primaverile!


Avevamo già segnalato la novità di quest’anno con la nascita della nuova rassegna dal nome Luoghi Comuni che ha avuto un notevole successo tra i nostri affezionati partecipanti.

Il nostro viaggio attraverso gli uomini e i luoghi del vino ricomincia a partire da Mercoledì 31 Marzo con gli incontri dell’Enolaboratorio per raccontare le storie umane e culturali delle persone che hanno segnato il mondo del vino attraverso le verticali delle singole etichette, e con la rassegna Luoghi Comuni per dedicarci ai luoghi, cercando di approfondire le zone vitivinicole italiane e straniere. In entrambi i casi, naturalmente, partendo da calici colmi di vini accompagnati dalle preparazioni culinarie di Adele Chiagano.

Per questi primi quattro come per i prossimi appuntamenti, noi che amiamo andare controcorrente, abbiamo pensato anche ad un percorso tra i grandi vini da vitigni internazionali: d’Italia e non solo!

Primo appuntamento da segnare in agenda è:


Mercoledì 31 Marzo con la Doppia Mini/Verticale

Dolcetto di Ovada del Dott. Giuseppe Ratto Vignaiolo in Roccagrimalda…


PRIMI QUATTRO APPUNTAMENTI ENOLABORATORIO E LUOGHI COMUNI

Marzo/Aprile


Mercoledì 31 Marzo

Enolaboratorio: Doppia Verticale Dolcetto di Ovada

Azienda Agricola Giuseppe Ratto

Costo della serata € 35 – ore 20,30

Le Olive 1987 / Le Olive 1993 /Gli Scarsi 1997/

Le Olive 1997/Gli Scarsi 2001/Gli Scarsi 2004


Giovedì 15 Aprile

Luoghi Comuni: un tuffo tra i filari di Pinot Nero del Mazzon

Costo della serata € 35 ore 20,30

Cantina Nals Margreid / Alto Adige Mazzon Pinot Nero 2007

Azienda Agricola Gottardi /Alto Adige Pinot Nero Mazzon 2006

Viticoltore F. Carlotto/ Alto Adige Filari di Mazzon Pinot Nero 2007

Fam. Kurt Rottensteiner, Brunnenhof-Mazzon /Alto Adige Pinot Nero Riserva Mazzon 2006

Tenuta J. Hofstätter/ Alto Adige Riserva Mazzon Pinot Nero 2007.


Giovedì 22 Aprile

Enolaboratorio: Verticale Vigna del Vassallo dell’Azienda Vitivinicola Colle Picchioni di Paola Di Mauro

Costo della serata € 40 ore 20,30


Colle Picchioni Vigna del Vassallo 1989

Colle Picchioni Vigna del Vassallo 1992

Colle Picchioni Vigna del Vassallo 1993

Colle Picchioni Vigna del Vassallo 1995

Colle Picchioni Vigna del Vassallo 1998

Colle Picchioni Vigna del Vassallo 2001


Giovedì 29 Aprile

Luoghi Comuni: I migliori Cru di Barbaresco

Costo della serata € 40 ore 20,30

Azienda Agricola Castello di Neive /Barbaresco Vigneto Santo Stefano 2004

Cantina dei Produttori di Barbaresco /Barbaresco Vigneto Asili 2005

Cantina dei Produttori di Barbaresco /Barbaresco Vigneto Moccagatta 2005

Azienda Agricola Giuseppe Cortese /Barbaresco Vigneto Rabajà 2004

Azienda Vinicola Ugo Lequio / Barbaresco Vigneto Gallina 2001.


Si ringraziano per i preziosi consigli Alessandro Masnaghetti e Armando Castagno

Credits

www.enolaboratorio.it

www.aisnapoli.it

www.ilviandantebevitore.blogspot.com

Info e prenotazioni: divinoinvigna@libero.it; 081 3722670 – 329 6467600

posted by Mauro Erro @ 13:45, ,


Valtellina in tre versioni

A proposito di inadempienze e di piccole vigne devo, almeno in parte, far opera di recupero.
In questi giorni ho avuto modo di assaggiare nuovamente alcuni vini di piccoli produttori della Valtellina, alcuni dei quali presenti ad una degustazione da me condotta in compagnia di Isabella Pelizzatti Perego il novembre scorso qui a Napoli, e di cui non ho lasciato traccia scritta. Rimedio subito.
All’epoca la degustazione aveva l’intenzione di rappresentare un quadro delle cinque sottozone (Valgella, Maroggia, Inferno, Sassella e Grumello) del Valtellina Superiore: intento raggiunto grazie ai preziosi consigli di Isabella e degli amici Alessandro Franceschini e Roberto Giuliani, nonché dalle bottiglie bevute, of course.

Valgella:
“E’ la più vasta fra le sottozone del “Superiore” (con un’estensione vitata di 137 ettari in zona Teglio). In passato questo rosso veniva in gran parte destinato all’esportazione nella vicina Svizzera. Il suo nome deriva dal latino Vallicula, ossia vallicella. Inizialmente si differenzia dalle altre sottodenominazioni, pur mostrando un carattere ben deciso, per una certa morbidezza che comunque ne assicura un’identica tenuta per l’invecchiamento”.
Il virgolettato che avete appena letto è tratto dal sito del consorzio – finalmente un sito ben fatto – a cui aggiungo sinteticamente che i vini della Valgella risultano spesso essere immediati, di facile beva, gaudenti, femminili (per come si possa intendere un nebbiolo di montagna femminile). Così è stato per il Valgella di Renato Motalli 2004. Un gran bel bicchiere di vino che se a Novembre ci era parso di rustica autenticità, diventa con un po’ di affinamento maggiore in bottiglia un vino elegante dal naso di “dolce ruggine”, di agrumi e fresia, di frutta rossa. Un palato leggiadro, quasi impalpabile, ma elettrizzante dona alla beva il carattere della "compulsività".
Grande rapporto qualità prezzo visto che il vino dovrebbe costare tra gli otto e i dieci euro in una buona enoteca.
Da bere.

Grumello
“Viene prodotto nel versante a nord-est di Sondrio (con un’estensione vitata di 78 ettari) e prende il nome dal castello che domina la vallata (fortezza del XIII secolo). Il Grumello, ricco di fragranze, è più sapido se ottenuto dalle uve della ben delimitata area detta dei “Dossi Salati”.”
Il Grumello di Guido Marsetti del 2005 è ancora compresso, giovane, ma sicuramente molto bello. Profuma di frutta e sangue, di erbe aromatiche e note salmastre. Al palato è succoso, pieno, di bella stoffa ed ha un bel finale anche se non del tutto disteso. Piccolo inciso dell’alcol in chiusura.
Da bere e conservare per chi ne avesse qualche bottiglia.

Sassella
“La zona (estensione vitata di 130 ettari)si trova fra il Comune di Castione e il territorio ovest di Sondrio; un’area impervia e soleggiata, che comprende la rupe del santuario mariano della Sassella".
Il Valtellina Superiore Sassella di Terrazzi Alti targato 2006 è un vino ancora molto giovane, che subisce ancora troppo le ingerenze del legno piccolo nel quale è affinato e che abbisogna ancora di tempo. È sicuramente migliorato rispetto all’assaggio di Novembre, soprattutto nella bocca, di buona dinamica e beva, succosa il giusto. Ma al naso il legno tende a sottolineare ancora troppo la parte dolce dei profumi appesantendoli e rendendoli quasi stucchevoli e rischiando di non rispecchiare in termini di espressività la sottozona. Il tempo in cantina gli farà bene.
Da Conservare.

dipinto di Michelangelo Merisi da Caravaggio

posted by Mauro Erro @ 09:17, ,


Piccole Vigne Presentano: Una Domenica con Luigi Tecce

GRANDI VINI DA PICCOLE VIGNE

presenta

Una domenica con Luigi Tecce


Domenica 28 Marzo, debutto Poliphemo 2006 Taurasi Docg e riassaggio ponderato di vecchie annate


ore 12,30
Ristorante La Ripa - Rocca San Felice (AV)
Degustazione di piatti e prodotti tipici

Millefoglie di Maialino e Carmasciano in porchetta con salsa di broccoli ai due colori

Pacchero all’impiedi con ragù di genovese con cipolle ramate di Montoro e guanciale di vitellino

Ravioli farciti con fagioli tabacchino e salsiccione affumicato con pomodorini del piennolo

Lombo di agnello di Carmasciano e suo soffritto con verdure di campo spontanee

Caciocavallo ubriaco stagionato 20 mesi; Pecorino maggiasco affinato nel fieno; Soppressata e capocollo maturati 12 mesi in fesina

Mousse di cioccolato fondente con noci di Avellino


ore 15,30
Partenza e visita in vigneto


In collaborazione con
LucianoPignatarowineblog
EnotecaDiVinoinVigna
http://www.ristorantemuseolaripa.it/


Costo del pranzo: € 40 – info e prenotazioni: Rocco Fafaniello 347-2389097 oppure Alessandro Barletta 338-5234241

Come si arriva a Rocca San Felice
Percorrere l'A16 Napoli-Bari, uscire ad Avellino est per poi proseguire per la SS Ofantina in direzione di Montella-Lioni. La distanza da Napoli è di 98 km.

posted by Mauro Erro @ 16:08, ,


Riflessioni a margine: piccole delusioni

Avete presente il post di Domenica (clicca qui)?
Pare abbia riscontrato un notevole successo, non solo in termini di audience, la cosa meno importante, ma in termini di osservazioni, complimenti e riflessioni. Dopo la pubblicazione del post ho ricevuto mail, sms, telefonate da parte di colleghi blogger, giornalisti e semplici appassionati che si congratulavano e mi chiedevano se mi riferissi a qualcosa di specifico, situazioni o persone in particolar modo.
Qualcosaaaa?
Noi su questi spazi non siamo soliti scrivere negativamente di nessuno. Abbiamo sempre preferito consigliare un locale o un vino rispetto a stroncarne un altro.
Ci siamo sempre riservati, allo stesso momento, però, il diritto di cronaca, diritto che spero sia ancora sacrosanto.
Questa storia vale solo come esempio di quali siano i meccanismi oggi e di come poco sia cambiato rispetto a dieci anni fa nel mondo del vino: un approfondimento partendo da alcuni fatti.

Monte di Grazia è una piccola realtà di Tramonti in Costiera Amalfitana di proprietà di Alfonso Arpino. Più o meno 5.000 bottiglie suddivise tra un rosso a base Tintore, un bianco da Pepella, Biancatenera e Biancazita e qualche centinaio di bottiglie di rosato. È una realtà che abbiamo seguito più o meno dagli esordi, prendendoci la calma di valutare bene i vini, le vigne e la realtà produttiva. Ne scrivevamo su questi spazi “appena” due anni fa (clicca qui) raccontando una delle primissime annate (la prima commercializzata se non ricordo male) del suo salato bianco.
L’ho selezionata per la manifestazione “Grandi Vini da Piccole Vigne” tenutasi l’agosto scorso a Castelvenere e ne ho scritto poco prima, sulla rubrica che curo sul sito di Luciano Pignataro annessa alla manifestazione, raccontando dell’intera verticale dello stesso bianco dalla prima all’ultima annata in commercio
Embè?
Ecco, quest’antefatto per spiegare come anche il sottoscritto sia strumento dei meccanismi di cui abbiamo detto e di cui approfondiamo.

La manifestazione riscuote un eccellente successo di pubblico e mediatico. Molte delle cantine presenti divengono oggetto di discussione e approfondimento da parte di tanti appassionati, blogger e delle solite sanguisughe di cui questo mondo abbonda.
La cosa ovviamente ci rallegra, sanguisughe a parte.

Da allora, ho perso il conto di quanti post, scritti, annotazioni, note di degustazione sono state pubblicate on-line sull’azienda Monte di Grazia.. Nel frattempo, ad essere sinceri, il sottoscritto avrebbe voluto segnare l’esordio della sua collaborazione alla storica rivista L’Acquabuona con una verticale del Tintore, piante centenarie che si contorcono in arabeschi. Dopo assaggio meditato, non convinto, desisto.

Se un consumatore avesse voluto comprare il maggio scorso l’annata 2007 del Tintore avrebbe pagato la bottiglia da 0,75 lt. 10-11 euro in enoteca. Oggi, la stessa bottiglia, considerando un ricarico all’esercente del 30-35%, costa al consumatore 16,5 euro.
Più o meno un aumento del 50%.
Ma perché? Che cosa è successo a quella stessa bottiglia?
Aggiungiamo, in termini qualitativi, che l’annata precedente risulta essere, paradossalmente, migliore.

Per la precisione annotiamo che oggi la commercializzazione è curata dallo stesso enologo della azienda, così ho capito, titolare di altra azienda campana in altro territorio.

In tutti questi passaggi ci sono tanti appassionati, bevitori, blogger che coltivano la loro passione e a cui va riconosciuto il diritto di coltivare la loro passione e, laddove accada, il diritto a scrivere la propria cazzata, così come tal diritto va riconosciuto al professionista.
A costoro va però ricordato il senso di responsabilità legato alla comunicazione e all’informazione.
D’altronde di scrivere non ce l’ha prescritto un medico. Ed essere blogger non vuol dire fare quel che cazzo ci pare.

Si, lo so, ci sono poi gli pseudo-degustatori, gli imbonitori scorretti-sanguisughe di cui sopra che nella logica del “io ti faccio un piacere a te e tu mi fai un piacere a me”, fanno e scrivono il resto. Verticali fino alla 2010. Già, loro raramente vanno in vigna, ma se gli date una foto della pianta vi sanno dire anche come sarà il vino di questo 2010.

Constatiamo purtroppo, che se un tempo erano i tre bicchieri o le cinque bottiglie a far schizzare “immotivatamente” il prezzo di un vino, oggi, cambiati i protagonisti, i meccanismi sono rimasti, ahinoi, inalterati.

E quando parliamo di consapevolezza del vignaiolo, non parliamo solo di saper lavorare la vigna.
Ma anche di costruire un rapporto sano con l’informazione.
Perché delle due l’una: o si è consapevoli, ed allora si è complici, o si è inconsapevoli e alla mercè dei furbi e dei disonesti.

Però, noi, al di là della simpatia che nutriamo verso l’azienda e verso Alfonso, ricordiamo ancora che c’è il diritto di cronaca e ci sono i consumatori.

posted by Mauro Erro @ 14:08, ,


Taurasi Docg 2005, 12 campioni un anno dopo

Le prove tecniche di Grand Cru dei laboratori della Citta del Gusto di Napoli, condotti da Paolo De Cristofaro, tornano a Taurasi. Oggetto dell’approfondimento del giovedì appena trascorso è stata l’annata 2005 in 12 esemplari, occasione per ritornare a soffermarsi sull’ultima e particolare vendemmia commercializzata con i soliti amici di sempre, tanti appassionati ed i produttori o i loro enologi.
Innanzitutto i degustatori con cui si è condiviso le opinioni dopo gli assaggi, i soliti che potremmo riunire nella Confraternita del Buon Taurasi. Giovanni Ascione, neo-piccolo produttore e abilissimo degustatore della squadra Bibenda, il già citato Paolo De Cristofaro del Gambero Rosso padrone di casa che ha condotto la serata, Tommaso Luongo delegato di Napoli dell’Ais e Lello “ultrà” Del Franco, maestro cerimoniere come al solito.
Questa volta però, si degusta alla cieca come sempre, ma confrontandosi su bottiglie diverse e ciò sarà importante ai fini interpretativi dei vini nelle osservazioni successive.

L'annata

Solo alcune considerazioni di carattere generale senza addentrarci oltremodo. La 2005 così come illustrato già all’epoca dell’Anteprima da Paolo De Cristofaro è un’annata particolare, da tenere sotto controllo per non rischiare di bistrattarla nelle generalizzazioni mediatiche in cui si è soliti cadere, ma che rappresenta ancora un punto interrogativo per molti vini e tanti versi.
Dalla degustazione pare emergere che i produttori con maggiore esperienza hanno saputo meglio interpretare l’annata, liberandosi da buona parte dei retaggi dell’idea anni ’90, anche se è presto per dirlo ed una sola annata non bastevole.
C’è un miglioramento in termini espressivi, ma da un lato ci sono ancora vini imprecisi, che peccano di eccessiva rusticità, dall’altro, forse, qualche freno a mano ancora tirato.
L’ordine delle bottiglie decresce da quello che più ho gradito: sinteticamente una nota positiva ed una negativa (se rilevata) per ogni vino.


Taurasi Radici Docg 2005 Mastroberardino
+ bottiglia che mette d’accordo tutti e, soprattutto in pace con il Taurasi. Armonioso ed elegante al naso, la bocca trascina: succosa, infiltrante nei tannini come dicono quelli bravi, di fragrante e fresca chiusura.
- il primo pensiero, non solo del sottoscritto, da vero forumista che sta a vedere il pelo è la verifica dei lotti di imbottigliamento. In una produzione di 80.000 esemplari può rappresentare una variabile da tener presente alla luce di vari assaggi non cosi sorprendenti effettuati in precedenza.

Taurasi Cinque Querce Docg 2005, Salvatore Molettieri
+ già dal tono cromatico quasi impenetrabile si riconosce. Il naso è frutta scura, ma anche fiori e incenso, brace e radici. Il palato succulento e fragrante nella chiusura, anche se ancora contratto.
- è un dubbio, solo quello. La sua tenuta nel tempo. Mantenere gli equilibri con tanta massa estrattiva un’incognita, ma l’annata pare avergli dato un tocco di magnifica leggerezza.

Taurasi Docg 2005 Michele Perillo
+ un moderno che ci piace, potremmo sintetizzarla. Naso pulito ed immediato anche se non particolarmente complesso. Tira fuori un’interessante nota metallica. Buona beva, si perde un po’ nel finale, ma è autentico.
- è capriccioso. Durante la degustazione si apre e si chiude mandando al manicomio i degustatori che si chiedono se sia un bluff. Non lo è, ma ci lascia incerti fino all’ultimo.

Taurasi Docg 2005 Vigna Macchia dei Goti Antonio Caggiano
+ ha dalla sua una bella bocca. Il sorso rinfranca: succoso, teso fino al finale non ancora ben disteso.
- il naso subisce ancora troppo le ingerenze del legno.

Taurasi Poliphemo Docg 2005 Luigi Tecce (ex aequo con i seguenti de Il Cancelliere e Di Prisco)
+ Floreale, radici, incenso, qualche nota acida ed evoluta. Bocca succosa, lunga e di facile beva.
- Dottor Jekill e Mister Hyde. Inizialmente sembra un vino difetto, scomposto e scisso, da dimenticare. Dopo un’ora da bruco a farfalla, dal tratto rustico, ma pur sempre una farfalla. Vino eccentrico.

Taurasi Nero Ne Docg 2005 Il Cancelliere
+ Alleluja, alleluia, si è aperto. Era quello che ad oggi sembrava il più timido. Naso di quelli cattivi, selvatico, fruttato, viscerale. Bocca di bella materia e stoffa, alcol un pizzico bizzoso.
- l’eccesso di rusticità: ha bisogno di pazienza e del cibo, soprattutto.

Taurasi Docg 2005 Di Prisco
+ Il solito Taurasi di Pasqualino. Fresco, vibrante, innervato d’energia tanto al naso quanto nella sua leggiadria al palato.
- la sua solita traccia agrumata sembra un po’ sfrangiata rivelando, forse, una precoce evoluzione.

Taurasi Docg 2005 Tenuta Ponte
+ Compito eseguito senza picchi.
- compito eseguito senza picchi.

Taurasi Docg 2005 I Favati
Al naso paga l’incidenza del legno, ma anche le troppe note verdi. Sostanzialmente scomposto al palato. Da rivedere.

Taurasi Docg 2005 Vigna Andrea Colli di Lapio
Purtroppo l’ingerenza del legno proibisce alcun tipo di godibilità e neanche il tempo, presumo, potrà fare granché.

Taurasi Docg 2005 Lonardo – Contrade di Taurasi (non classificato)
Siamo al limite dello spunto e confrontandoci con gli altri capiamo trattarsi di una bottiglia difettata. Ad onor del vero aggiungiamo che non è la prima.

Taurasi Docg 2005 Bocella (non classificato)
Ci piace l’autenticità. Ma la scoviamo sotto una coltre di difetti tecnici. All’esordio segnavamo negli appunti Baygon spray. Annata o bottiglia storta?

foto di Terry Fusco

posted by Mauro Erro @ 22:15, ,


Gavi Rovereto Vigna Vecchia 2007, Castellari Bergaglio

Come ho già avuto modo di scrivere nel mio discorso di fine anno, alcuni degli scritti più belli letti nel 2009 dal sottoscritto recavano la firma di Francesco Falcone sulle preziose pagine di Enogea, rivista cartacea diretta da Alessandro Masnaghetti (che è ancora in attesa di un’intervista che avrei dovuto fargli qualche millennio fa, ma soprattutto del bonifico per l’abbonamento ad Enogea, una di quelle priorità che per un motivo o per un altro si dimentica e divenuto uno dei buoni propositi di quest’anno).
Fatta pubblica ammenda e sperando che il buon Masna mi perdoni, torno al Falcone capace di volare assai alto con un pezzo (lo trovate qui, in versione pdf) sul Gavi che fu fonte d’ispirazione per una paio di serate che ho condotto quest’anno all’interno dell’enolaboratorio (per gli afficionados, tra un paio di giorni parte il nuovo programma succoso).
E se della verticale del Gavi D’antan e dell’Etichetta nera di Tenuta La Scola ho avuto modo di scrivere (vedi qui), dell’altra serata degustativa non ho mai trovato il tempo. Mea maxima culpa.

Il Cortese di Gavi è vino bianco particolare, sfacciatamente anoressico spesso, talvolta androgino, sicuramente di difficile apprezzamento a chi amante delle masse esasperate pompate ad anabolizzanti. Può capitare sia scialbo, ma se ne beccate di quelli buoni, spesso molto convenienti nel prezzo, godete di vini solari, dal tratto sottilmente aromatico e giustamente floreale, fragranti ed ampi, sapidi. Succosi il giusto al palato ed innervati d’acidità, elettrizzanti nello sviluppo gustativo, persino baldanzosi nella capacità di prendere possesso del palato e finanche lunghi, lunghissimi nella loro persistenza.
Ecco, questo uno di quelli, molto buono e capace di farsi bere languidamente nonostante un piccolo, piccolissimo, sbuffo alcolico nel finale.
Da vigne vecchie ottant’anni, da una delle aziende storiche del comprensorio, a poco più di dieci euro in enoteca. Best price.

dipinto di Edward Hopper

posted by Mauro Erro @ 13:38, ,


Zeppole di San Giuseppe


Tutto è nato perchè avevo dei limoni da smaltire...e mi direte ma cosa c'entrano i limoni? Alla fine, infatti, proprio un bel niente! Avevo originariamente voglia e necessità di "consumare" un bel po' di limoni che mi erano stati portati dalla divina costiera amalfitana. Di questi un bel po' ne avevo regalati, un altro bel po' destinati al limoncello, e il resto stava lì a farsi contemplare. Purtroppo a me piacciono i dolci "di sostanza", quelli da mordere per intenderci, non preferisco, infatti, i cucchiai quando mi avvicino ai dolci, questo forse perchè il mio gusto solitamente va più verso il salato, o semplicemente perchè sono abbastanza ruspante, fate voi, e quindi, nonostante avessi in questa occasione "bisogno" di zucchero la via che mi ha condotto alle belle zeppolelle era breve! Queste zeppole in Campania vengono preparate per la festa di San Giuseppe. Le sue origini sono antichissime, risalgono forse al 500 a.C. quando a Roma si celebravano le Liberalia, le feste delle divinità dispensatrici del vino e del grano, nel giorno del 17 marzo. In onore a Sileno, compagno di bagordi e "precettore" di Bacco, si bevevano fiumi di rosso nettare e si friggevano profumate frittelle di frumento. Oggi, quasi nello stesso giorno, il 19 marzo, e in occasione di S. Giuseppe si ripete la cerimonia delle frittelle. La pasta per le zeppole di S. Giuseppe si prepara in maniera simile a quella degli choux, detti anche bignè. La differenza è nella minore quantità di burro e nella cottura: le zeppole vanno infatti fritte, mentre i bignè si cuociono in forno. C'è anche da dire che parecchie pasticcerie, onde evitare i già grossi ed irreparabili attentati alle diete, le propongono anche nella maniera 'infornata', ma naturalmente non è la stessa cosa. Io queste meraviglie le ho sempre acquistate in pasticceria, e a mozzarellandia ce n'è una in particolare che le fa una meraviglia, ma stavolta ho ben pensato che fosse arrivata l'ora di provare questa avventura, meditando inizialmente di renderle diverse con la crema al limone. Mi sono quindi messa all'opera per cercare la ricetta che più mi ispirasse, ho consultato libri di ricette napoletane, di ricette della Campania e blog di fiducia come Gennarino. Alla fine ho rimediato su un vecchio libro di ricette napoletane che non mi ha mai tradito per le proporzioni per la pizza e, infatti non mi ha tradito nemmeno stavolta. Vedendo poi che le zeppole venivano e venivano pure bene (mi sono sentita tanto una mamma felice per i primi passi del proprio pargoletto) ho deciso di riempirle con la crema pasticcera, quella che tradizionalmente si usa per queste zeppole, e di completare l'opera con le classiche amarene. Risultato finale? Il bignè non essendo dolce si sarebbe espresso meglio, probabilmente, con una crema più dolce, anche se il connubio scelto era quello giusto, ma vista la buona riuscita le rifarò assolutamente, magari le proverò con una più delicata crema chantilly, o azzarderò con una gustosissima crema al limone rispettando, la prossima volta, un po' di più il mio istinto!!!

Ingredienti

Per le zeppole
1/2 litro di acqua
400 gr di farina
6 uova
75 gr di burro
un pizzico di sale

Per la crema
3 tuorli d'uovo
3 cucchiai colmi di zucchero
3 cucchiai rasi di fecola
1/2 litro di latte
amarene sotto spirito


Mettere in una pentola l'acqua con il burro e il pizzico di sale, al momento del bollore versarvi la farina setacciata tutta insieme e mescolare energicamente per 10 minuti. Riporre la pasta in un altro recipiente e lasciarla raffreddare. Una volta fredda incorporarvi le uova una alla volta e lavorare con la frusta utilizzando le palette a spirale finchè si sarà amalgamato tutto il composto. Preparare una bella siringona con l'imboccatura a stella e oliare i muscoli perchè qui ci vuole una faticaccia non indifferente, l'impasto infatti è molto più compatto di quello dei bignè. Preparare la carta da forno sulla quale poggiare le zeppole. A questo punto ho seguito i consigli di gennarino che indicava saggiamente di tagliare in quadrati la carta con sopra la zeppola in modo poi di facilitare la frittura. Per la frittura invece occorrono due padelle, una ad olio non troppo caldo e l'altra ad olio bollente; le immergerete quindi dapprima nella padella meno calda con la loro carta. Quando questa si scollerà da sola girare le zeppole e rigirarle per un minuto. In questa prima padella devono gonfiarsi. Poi passarle nell'altra con l'olio bollente e farle dorare. Fate sgocciolare le zeppole su una carta assorbente, poggiatele su un piatto e guarnitele con la crema e con le amarene.

Adele Chiagano (15 marzo 2007, violamelanzana)

posted by Mauro Erro @ 12:02, ,


Greco di Tufo 2008

Recentemente ho avuto modo di assaggiare e riassaggiare in varie sessioni, un certo numero di greco di Tufo 2008.
Alla fine l’annata sembra essere stata clemente, quasi giusta potremmo scrivere, equilibrata negli effetti prodotti se ben interpretata dal vignaiolo: ciò che ci voleva dopo la calda 2007 che ci aveva sostanzialmente dato vini pronti e con poca prospettiva d’invecchiamento.
I greco 2008 sembrano mostrare, invece, un sostanziale equilibrio, anche se leggermente spostato sul corpo e l’alcol in parecchi campioni, ma senza perdere l’equilibrio che nel Greco, più che nel Fiano, è di difficile soluzione con la parte acida/sapida a dar filo da torcere.
Tra quelli degustati (ne mancano ancora alcuni all’appello) voglio segnalarne i migliori, precisando che al momento è difficile individuare qual piega e sentiero prenderanno questi vini. Troppo giovani oggi perché possano emozionare.

Ancora troppi quelli con evidenti difetti, limiti tecnici o addirittura scontati: trame già viste, “solo”, dieci anni fa.

Cantine dell’Angelo, innanzitutto. Anche a me seccano i discorsi circa le primogeniture, ma è innegabile il mio affetto per questa piccola azienda di cui caso ha voluto sia stato il primo o tra i primi a parlare. Si conferma questo Greco. Per naturalezza espressiva.
L’interpretazione di Angelo Muto, il vignaiolo, predilige la freschezza. Qualche giorno d’anticipo di vendemmia ci regala un vino ancora giovane, succoso ma teso nel sorso con la sferzata acida nel finale da panico, e con un naso solare che ancora non si apre del tutto: una cascata di agrumi e note verdi (di quelle buone) soprattutto: sopra tanta roba che aspettiamo.
Poi Pietracupa dell’eclettico Sabino Loffredo. Lo so, nessuna scoperta in questo caso, parliamo di uno dei bianchisti di riferimento per i due vitigni a bacca bianca irpini, ma la sua versione base del Greco ci ha colpito per aderenza al vitigno, austerità e profondità al naso e per la bocca di vera bellezza. Orizzontale, ampia, elegante, innervata dall’acidità già fusa nell’insieme con l’alcol leggermente bizzoso, ma ben tenuto a bada.
Mi è piaciuto, ed è per me una sostanziale novità (che mi piaccia, che sia tra i primi della classe è indiscutibile), il “Vigna Cicogna” di Gabriella Ferrara che in questa annata sembra essere meno spinto del solito nella surmaturazione. Grande equilibrio, l’assoluta identità a se stesso (è molto difficile non riconoscerlo alla cieca) lo rendono sicuramente un sorso di riferimento.
Infine due ex-aequo: Centrella con il suo Selvetelle e l’azienda Antico Castello, con quest’ultima, che piazza il suo vino tra i primi della classifica alla sua prima apparizione (sul mio palato, intendo).
Sicuramente un’impostazione rustica contraddistingue entrambi i campioni che abbisognano di maggior tempo di ossigenazione nel calice per svelarsi pienamente. Li accomuna la matrice di frutta rossa percepibile al naso (vecchio marker dei greco Vadiaperti), così come l’estrema sapidità che chiude il sorso al palato.
Consiglio di segnarvi questi cinque e di seguirne le evoluzioni nel tempo.

posted by Mauro Erro @ 10:32, ,


A volte ritornano. Della serie: arridateme Cernilli, ossia gli uomini e l’antropizzazione

"Quanti sono i consumatori veramente consapevoli? Quanti leggono (comprano) guide, riviste specializzate, si collegano a siti e pagine web a tema. Pochi, davvero pochi, se pensiamo al mare di vino che viene venduto, ancora ed in barba alle statistiche dei consumi in calo, ogni giorno. I numeri che ci vengono propinati, ammesso che siano veri (particolare non da poco), non sono affatto significativi. Se devo vendere poche centinaia o qualche migliaio di bottiglie certi canali potrebbero (condizionale d'obbligo), pure, funzionare ma, assolutamente, non quando si parla di numeri più importanti. E' la massa dei consumatori, non i circoli di sommelier e aspiranti tali, nè tantomeno la wine-web-elite del nuovo millennio, a fare i numeri e a fare la differenza. Una massa indistinta e indecifrabile, in realtà molto ben poco diversa da quella di dieci anni fa. Con la differenza che l'ignoranza di 10 anni fa è stata sostituita da una dilagante onda di presunta conoscenza, altra forma, più pericolosa e subdola di ignoranza. […] La gente comune (esiste ancora?!) si riempie la bocca di paroloni di cui non conosce il significato, affronta argomenti che richiederebbero non dico anni ma un minimo di studio e approfondimento con la stessa, medesima superficialità e arroganza con cui discerne di politica, televisione, arte, musica ed altre, riconosciute o meno, forme di cultura."

Quello che vedete in foto è Fabio Cimmino, giornalista specializzato partenopeo.
Fabio, pur contando qualche collaborazione in passato con riviste cartacee, è stato uno dei primi, potremmo dire quasi un “fondatore”, giornalisti enogastronomici del web. Se non ricordo male, la sua esperienza ebbe inizio con Winereport, diretto allora da Franco Ziliani. Poi tutte le riviste on-line: Tigullio, Acquabuona, Lavinium. Ovviamente, non parlo solo di un giornalista, ma anche di un degustatore con “l’aurea” per dirla alla Porthos o “trascendentale” (o molto vicino a quella roba lì) stando alla definizione del Rizzari.
Ho conosciuto Fabio circa quattro anni fa e, dopo il nostro primo incontro, è diventato, inconsapevolmente, il mio primo e principale “maestro”.
Qualche giorno fa, Fabio ha scritto il suo (pare) ultimo post, che chiude il suo diario di viaggio.
Lo potete leggere qui, integralmente. Come al solito, la sua è un’analisi lucida, diretta, priva di condizionamenti, rassegnata nel tono: tono che troppo spesso è stato rassegnato negli ultimi tempi.

Mi hanno colpito di questo scritto un paio di considerazioni su temi su cui da un po’ di tempo a questa parte rifletto.

Già, cosa è cambiato da dieci anni a questa parte nel mondo del vino?

Poco per certi versi e credo sia abbastanza normale: in fin dei conti i cambiamenti culturali richiedono intervalli di tempo ampi a cui noi non siamo abituati.

Assistiamo a un cambio di scena, un cambio di personaggi, protagonisti e antagonisti invertirsi i ruoli, ma i meccanismi, ossia la trama, rimanere inalterati. In alcuni aspetti le cose sembrano peggiorate.

Badate bene, non me ne tiro fuori, anzi.
Da un po’ di tempo ho notato che (nel mio piccolo) faccio “tendenza”. Ovviamente non sono io a fare tendenza, è solo una battuta: mi spiego meglio.

L’aria che respiriamo è biologica, oggi. Un tavolo è biodinamico, oggi.

“avete presente i biodinamici dell'ultim'ora, artigiani convertiti al vino naturale, anfore, corni, calendari lunari e chi più ne ha più ne metta?”

Tutti i degustatori sono biodinamici, oggi.
Non c’è recensione in cui non m’imbatta attualmente che non abbia a che fare con vitigni autoctoni - di artigiani viticoltori – biologici naturali – piccole vigne dai vini eccezionali.
Recensioni pompose per ingraziarsi il produttore di turno o l’amico enologo che ti ha spedito le bottiglie. E non importa se la vigna è un fondo valle dove neanche le cipolle ci metteresti, perché l’imbonitore di turno, di vigne ne parla, ma raramente le vede.

Già, gli imbonitori. Si perché come già osservato da altri illustri opinionisti (confrontare Bonilli please) assistiamo alla frantumazione-frammentazione della critica (???) enologica in mille rivoli e rivoletti, piccoli ed inutili (tranne che all’imbonitore) torrenti spesso in secca. Superficiali, incompetenti. Tante piccole parrocchie.

Pseudo degustatori alzati al rango di opinionisti, pseudo degustatori incapaci in una degustazione alla cieca di distinguere un vino bana”n”izzato da un vino vero neanche se avvisati dal resto del panel.
Per non parlare dell’autoreferenzialismo dilagante. D’altronde se basta inventarsi un premio (L’Unique) per accreditare uno chef (Rocco Iannone) figurarsi se un premio di provincia lo si è vinto. Basta non dire che i partecipanti erano tre.

Un blogger che critica il web? Ben lungi. Per me è ancora ricchezza e opportunità, ma pensare che si possa prescindere da altri valori come qualità, etica e soprattutto professionalità è un altro paio di maniche.

Già, se prima erano le guide ad “accompagnare” le tendenze, oggi, in parte, è questo mare dove tutti si allineano alla tendenza biochic ed il conformismo è solo un abito dietro cui si nasconde una profonda ignoranza e una mancanza di conoscenza (tradotto in materia: molti pseudo degustatori vanno avanti a cola e poco più).

E se dico tutti, intendo i più. Già perché il problema non sono certo i quattro grafomani, ma il resto dei meccanismi e come questi influenzano coloro che modificano il territorio in cui viviamo.

I produttori ad esempio. I piccoli produttori che ti raccontano di quel pseudo degustatore x o y confessandoti che, “sì, non ci capisce un cazzo”, ma che per un pizzico di visibilità sarebbero disposti a raccontare la loro storia anche a Topo Gigio (tanto con questa crisi, anche Topo Gigio la da via facile, per pochi spiccioli), allo stesso modo di quei produttori che te ne dicevano di cotte e di crude sulle guide e sul collega “tal dei tali”, sulle 5 stellette o le tre mezzelune date a Caio, ma che poi mandavano puntualmente i campioni e intessevano “relazioni sociali”. Insopportabili.

Oggi anche i piccoli possono permettersi addetti stampa e Pr. Tanto tutto è in saldi.

Oggi un produttore con alle spalle appena quattro annate, si affida ad un paio di consulenti che masticano di vini quanto io mastico di materiale elettrico, e decide che il suo vino da uve “vattelappesca” costa 20 euro.
Ma come, ma se fino all’anno scorso costava la metà? A quel punto, che so, posso comprarmi un Taurasi, un nebbiolo valtellinese di Ar.pe.pe, un gran bel vino, insomma.
Eh no! È la risposta. Il vitigno vattelappesca, una riserva indiana di 3.000 bottiglie, non lo puoi paragonare che a se stesso, ed il suo valore è questo. Amen.
Be’, andate in pace, allora.

Oggi assisti a manifestazioni sui vini naturali di qualsiasi tipo, organizzate da chiunque, anche da chi, fino a ieri, teneva degustazioni di vini industriali di mega aziende.
In termini estetici, marketing coincide con maquillage che coincide con chirurgia estetica che (può) coincidere con (pseudo) informazione.

I meccanismi sono gli stessi, sostanzialmente, come vedete.

Si stava meglio quando si stava peggio?
Ecco, il succo del discorso è questo qua.
Io che ho avuto la fortuna di bere con tanti degustatori che le guide le fanno, posso testimoniare delle altissime capacità e della professionalità al di là dei meccanismi editoriali: d’altronde, nessuno ricorda che anche le guide sono prodotti commerciali.
Siamo proprio sicuri che oggi, quanto al web, sia così?

Perché essere blogger non vuol dire essere superficiali né incompetenti e neanche scrivere per se stessi, i propri affari o per l’amico di turno.

Perché vale sempre la stessa regola: i nostri padroni sono i lettori/consumatori.
E se ci ricordassimo di questo, forse riusciremmo ad arrivare ad un numero sempre maggiore di consumatori/lettori.

Allora mi guardo in giro e spero che Cimmino ci ripensi o spero di trovarne uno nuovo di Cimmino (roba difficile).

Ah, dimenticavo, quanto ai produttori: la distinzione non è tra piccolo e grande in termini numerici di bottiglie prodotte. Entrambi vendono, e ripeto vendono, vino.
E sinceramente, fare duemila bottiglie buone è più facile che farne due milioni.
La distinzione è nella cultura (se c’è) che vogliono veicolare attraverso le loro bottiglie.
La differenza la fanno gli uomini.
Ci sono i piccoli e i grandi.

posted by Mauro Erro @ 18:27, ,


Terre di vite, Modena, cronaca di una manifestazione riuscita

Non fosse stato per la mancata visita a Bottura, la mia breve puntata a Modena sarebbe stata perfetta. Innanzitutto per la splendida sede dell’evento, lo splendido Castello di Levizzano e per l’alto livello dei servizi e dell’ospitalità offertami. Poi per la scelta da parte degli organizzatori Barbara Brandoli di Divino Scrivere, il giornalista Marco “rombo di tuono” Arturi e la produttrice Elena Conti, di delocalizzare l’evento a qualche km dal centro cittadino costringendomi a godere la tranquillità della campagna modenese.

Spinta dal successo delle precedenti edizioni, Terre di vite ha raccolto centinaia di visitatori, semplici appassionati, giornalisti che in un clima disteso e familiare hanno potuto dedicarsi con calma ai vini dei produttori intervenuti (della serie piccole vigne d’Italia s’incontrano), alla mostra di fotografia di Francesco Orini e alla performance artistica di Chris Channing altrimenti seguire il convegno di Marco Arturi – “Produrre, commerciare, consumare in modo etico e sostenibile - Il mondo del vino di fronte alla sfida della decrescita" – coadiuvato dal Direttore di "Carta" Pierluigi Sullo, Giovanni Camocardi di "Officina Enoica" e i produttori Ampelio Bucci e Fabrizio Niccolaini.” o seguire il seminario di Sandro Sangiorgi Il senso del vino: come arrivare all'essenza attraverso la sottrazione.
Quanto ai vini, tutti buoni, voglio segnalare alcuni assaggi che mi hanno piacevolmente colpito: innanzitutto il Gattinara vigna Castelle 2004 dei fratelli Lorella e Alberto Antoniolo. “Fratellino minore” dei due cru San Francesco e Osso San Grato mi ha stupito per la bellezza, la franchezza e l’immediatezza del naso, pur avendo, vista la giovane età, un palato leggermente contratto nel finale. Spettacolare la Barbera del 1999 di Cappellano oltre gli ormai “scontati” Barolo Piè Rupestris Vigna Gabutti 2005 e l’originale ricetta del Barolo chinato. Inutile dirlo, stellare il Barolo Brunate-Le coste 2005 di Rinaldi, la cui stupefacente prontezza è l’unico elemento che mi spaventa per il futuro. Ottimo il cabernet sauvignon 2001 di Princic così come l’atipico rosato succoso di Massa Vecchia.
Molto buono il Brunello di Montalcino 2004 de Il Colle di Caterina Carli, immediato, elegante, succoso e teso al palato, così come il Boca delle sorelle Conti. Ineccepibile l’esordio di Susanna Crociani che nell’annata 2007 ha iniziato ad allevare da sola l’infante Nobile di Montepuciano.
La pattuglia del sud era composta dai Viticoltori De Conciliis e dal loro Naima 2005 di grande bevibilità, da Sara Carbone from Vulture e il suo Stupor mundi 2006 che migliora con il tempo trascorso in bottiglia e la coppia De Franco - Scarfone Bonavita , rispettivamente da Cirò e Faro di cui ho già ampliamente parlato (qui, qui e qui).

Ottimi i due Lambrusco di Sorbara di Fiorini e Paltrinieri così come il Franciacorta brut dell’Azienda Agricola Colline della Stella assaggio fuori programma avvenuto durante la cena con i produttori grazie al buon Giovanni Arcari.
Infine due nebbiolisti, dalla Valtellina e dal Nord Piemonte: Ar.Pe.Pe e Le Piane. Del primo abbiamo apprezzato il Sassella Stella Retica 2004, un second vin solo nel prezzo; dell’altro il Boca 2006 capace di coniugare la netta superiorità, complessità ed ampiezza del 2004 rispetto al 2005, avendo di quest’ultimo l’estrema bevibilità.
Di questi ultimi produttori citati, ho avuto modo di fare una degustazione per pochi intimi alla bella osteria dello Stallo del Pomodoro a Modena, condotta da Sandro Sangiorgi, che ha ripercorso la storia delle due aziende in tanti calici e a partire dagli anni ’50.
Confesso, bevuti il Boca 1950 di Antonio Cerri e il Grumello del ‘57 di casa Ar.Pe.Pe, il mescitore sembrava avere le fattezze di San Pietro.
Non rimane altro che fare i complimenti a tutti i produttori, gli organizzatori e sperare che il Terre di Vite Tour approdi prima o poi dalle nostre parti.

Foto 1 e 2 di Adele Chiagano
Foto 5 di Marco Arturi

posted by Mauro Erro @ 11:19, ,


Per amor di verità-bis

«In questo paese che amo non esiste semplicemente la verità. Altri paesi hanno una loro verità. Noi ne abbiamo infinite versioni»

Ripensavo a questa frase di Ennio Flaiano, il 5 marzo, qualche giorno fa, l’anniversario della sua nascita, giusto 100 anni fa.

Ci ripensavo a proposito di una serie di Nebbiolo Langhe targati 2008 che ho assaggiato. Tutti ottimi produttori.
Pensavo da consumatore.

Alla fine per un vitigno come il nebbiolo, mi chiedevo, ha così senso un vino “base”, d’annata?

Di quei vini che non si aprono mai al naso, che li aspetti in attesa di una rivelazione che non arriva neanche il giorno dopo. E che al palato sembrano sempre contratti, compressi, mai quello slancio che ci porta a berne allegramente.

Ben fatti, per carità, ma abbastanza “addomesticati” in cantina.

Pensavo, in fondo, a quei prezzi, perché non portare a tavola un buon Grignolino o una buona Barbera dei Colli Tortonesi?

Mica si può fare tutto con un vitigno, no?

posted by Mauro Erro @ 20:12, ,


Per amore della verità

Mea Culpa. Da un po’ i post latitano e il blog non è aggiornato tanto frequentemente quanto vorremmo. Io, in particolar modo, sembro essere sparito dalla circolazione.
Questo scorcio di 2010 è ricco di novità, di nuovi impegni e di vecchie responsabilità. Complice la crisi (leggere qui le intelligenti osservazioni di Fiorenzo Sartore) si passa gran parte del proprio tempo a correre a destra e a manca. Per fortuna ci si diverte e si beve e si mangia con grande piacere e goduria, s’incontrano vecchi amici e se ne fanno di nuovi, si trasformano amicizie virtuali nate su queste pagine o su Facebook in abbracci sentiti e sbevazzate allegre.
Giriamo per vigne, tanto e più di prima.
Be’, ormai è un segreto per pochi la mia giovane collaborazione alla nuova guida ai vini d’Italia Slow Food per le regioni Campania, Basilicata e Calabria, altri non sapranno, invece, della banda Acquabuona, storica rivista on-line, in cui sono entrato con grande piacere esordendo con la prima parte di un reportage sul Cilento, dove trovate le note della più ampia verticale che si sia fatta, dalla prima sino alle ultimissime annate, del Naima, storico aglianico “dell’era moderna” dei De Conciliis.
Come se ciò non bastasse stiamo lavorando al nuovo blog. Si è vero, è da un po’ che lo dico, ma pensiamo di essere a buon punto e speriamo di metterlo presto on-line.
A proposito di questo per gli amici che non ci seguono anche attraverso facebook, stiamo creando una nuova sezione del futuro viandante bevitore: On-air. Non proprio un live 24 ore su 24, ma una serie di appuntamenti fissi nell’arco della settimana per tenerci compagnia, stare in contatto, condividere riflessioni con un po’ di leggerezza guardando al mondo che ci circonda: non solo food e wine, alla maniera, per capirci, di Io e Annie, la rubrica di Lavinium che curiamo e che aggiorneremo prestissimo.
Siamo in rodaggio, e su Facebook (qui il profilo della sezione On-Air) siamo partiti con una sorta di pillole o di prove tecniche di, numeri zero per iniziare. Tre le rubriche, sembra, che siamo riusciti a metter in piedi all’interno del “palinsesto”: Pausa caffè, di cui mi occuperò io tutte le mattine dal martedì al venerdì tra le 10:30 e le 11:30, Happy Lounge con Adele, e Good Luck & Good Night con Roberto, my brother.
Ecco, riporto qui la “prova tecnica” di questa mattina di Pausa caffè. L’argomento è più serioso del solito, ed è un argomento a cui tengo particolarmente visto che sono un blogger ed “appartengo alla Rete”, ma in “faccende giornalistiche affaccendato”.
Quanto alle cose strettamente vinose, prometto di aggiornare prestissimo il blog raccontando innanzitutto di una degustazione Chiantigiana, otto campioni di piccole e medie aziende molto chiacchierate nel web e ben posizionatesi anche sulle guide specializzate di settore, cosi come di scrivervi delle ultime novità della manifestazione Grandi Vini da Piccole Vigne e del recente salto fatto a Modena per partecipare a Terre di Vite, bella manifestazione di Barbara Brandoli, Marco Arturi ed Elena Conti e della degustazione in cui tra tanto ben di Dio, ho perso la testa per un Boca di Antonio Cerri (oggi Le Piane) del 1950 e un Grumello casa Ar.pe.pe del 1957.
Quanto al resto Adele vi racconterà di Palazzo Petrucci, mentre prepara un’inchiesta sulla Mozzarella di Bufala.




“Per un giornalista manomettere la verità è un crimine, tal quale per un fornaio sputare nel pane che vende. Qui non si tratta di opinioni, di interpretazioni, di passione politica. E' proprio una frode, una lurida frode che non descrive più l'aspra dialettica di un paese spaccato, descrive qualcosa di molto peggiore: l'impunità conclamata di chi mente con dolo, con metodo, con intenzione, sicuro di non doverne rispondere ad alcuno (all'Ordine dei giornalisti? è più realistico sperare che intervenga Batman)”.
Michele Serra, Repubblica

“Nel 1990 il 74 per cento degli americani era ancora pronto a dire di avere fiducia nella libertà di stampa e nei contenuti dei media. Ma dieci anni dopo la percentuale era già slittata al 58 per cento. E da allora ha continuato a scendere, bocciando indistintamente organi di stampa progressisti e conservatori”.
Massimo Gaggi e Marco Bardazzi, L’ultima notizia, dalla crisi degli imperi di carta al paradosso dell’era di vetro, Edizioni Rizzoli.

Ecco pensavo chissà in Italia. Poi ho letto questo scritto di Marco Pratellesi.

Qui trovate la pagina Facebook che ha fatto scoppiare il caso Minzolini (il direttore detl Tg1) e che conta in pochi giorni più di 100.000 iscritti.

Sentirsi blogger.
Green Onion e buona giornata a tutti voi.

posted by Mauro Erro @ 13:03, ,






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