Naturalezza espressiva

Dopo aver parlato di colore ed alcol ed aver affrontato le "spigolosità", siamo giunti alla fine di questo nostro breve intenso viaggio dedicato a quello che presuntuosamente ho definito, fin dall'inizio, revisionismo eno-estetico.

Lo so di avventurarmi in un campo minato. Stiamo parlando dell'espressione più abusata di questi ultimi anni. Avevo in un certo qual senso, a modo mio, già affrontato l'argomento qualche anno fa con questo mio pezzo. In sintesi volevo solo avvertire i lettori di non farsi ingannare da associazioni, etichettature ed altro perchè al di là di quanto dichiarato alla fine il giudizio su una bottiglia dipende da quello che c'è dietro e dentro, null'altro. Nessun consumatore si sogna di portare una bottiglia ad un laboratorio per farla analizzare (o forse qualcuno, pensandoci bene, ci sarebbe pure...). Come fare, dunque, a cogliere la naturalezza espressiva di un vino. Innanzitutto girare e conoscere, girare per cantine e conoscere i produttori. Non sempre è possibile, lo so. Un buon enotecaro che sa fare il suo mestiere potrebbe diventare un validissimo sostituto-riferimento. Ma di fronte ad una bottiglia, quando siamo solo noi e "lei", occorre altro. Questione di esercizio, questione d'istinto oppure d'intuito? In realtà una regola non esiste e ci vuole un po' di tutto questo. Ai degustatori più bravi (non mi riferisco di certo a me medesimo) basta annusarne i profumi o assaporarne il gusto. Io, invece, lo lego indossolubilmente alla sua digeribilità. Al di là delle sensazioni che provo durante l'assaggio se un vino mi rimane sullo stomaco per me c'è qualcosa che non va. Caso strano il periodo in cui ho sofferto di più di disturbi di questo tipo ha coinciso con quello in cui mi "facevo" di supertuscan ed altri super vini prodotti con insistenza e successo sul finire degli anni novanta (qualcuno resiste indomito) in ogni dove della penisola. Posso aggiungere di aver conosciuto persone che dopo essersi appassionate al vino, non di certo nella maniera maniacale del sottoscritto, hanno abbandonato questa loro passione perchè iniziavano ad avere problemi con il vino, a digerirlo, metabolizzarlo nel senso fisico della parola. Cosa bevevano? Anche loro i soliti super tuscan e vinoni iper concentrati di moda in quel periodo. Certo non si trattava, come qualche enologo di grido ha provato a farci credere, di concentrazioni naturali ottenute in vigna o di qualche spintarella da salasso data in cantina. L'abuso di artifici enologici (parliamo ovviamente di quelli leciti) in tutte le cantine che potevano permetterselo ma anche in quelle dove le risorse non erano poi tante è stata (e per alcuni lo è ancora, fidatevi) pratica diffusa. Niente stregonerie, stiamo parlando di prodotti e macchinari per l'enologia che potete voi stesso verificare consultando qualche sito dedicato. Chi ancora continua a negarlo nega l'evidenza. Il lavoro di molte guide (non ultima e non solo quella di Slow Wine) ha cercato di andare in questi ultimi anni sempre di più verso questa direzione. Siamo, però, ancora lontanti dal risultato auspicabile ed ancora c'è troppa confusione, confusione a cui le stesse guide continuano a contribuire non poco. Sono convinto che, però, alla lunga ci sarà finalmente una maggiore chiarezza e consapevolezza da parte di tutti, la mia speranza è che non rimanga appannaggio di pochi ma che possa raggiungere e coinvolgere il maggior numero di persone e di consumatori. Naturalmente non parlo solamente del vino ma di tutti i prodotti della filiera enogastronomica, olio in primis.

Fabio Cimmino
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posted by Mauro Erro @ 11:11,

2 Comments:

At 2 dicembre 2010 alle ore 00:27, Blogger Davide Bonucci said...

Sottoscrivo. Comunque io sono uno di quelli che porterebbe una bottiglia ad esaminare. anzi, più di una. E lo farò presto, ho già preso il tariffario! :-)

 
At 2 dicembre 2010 alle ore 22:32, Anonymous Anonimo said...

Condividido pienamente, ma da comsumatore osservo che il ricorso a termini come digeribilità, naturalezza espressiva, bevibilità per descrivere un vino è, come tu dici, ancora troppo poco usato da parte degli addetti al settore, speriamo che in futuro ci sia veramente maggiore chiarezza da parte di tutti.
Non so chi, ma qualcuno ha detto "noi siamo quello che mangiamo".....aggiungerei....e quello che beviamo, abbiamo il diritto di sapere cosa stiamo diventando.
salvatore

 

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