The Battle

La battaglia a cui penso non è una cosa violenta. È un contrasto fra modi diversissimi di intendere la vita. A vent’anni si ha coerenza. Le cose che succedono hanno tutte una grande importanza, i sentimenti sono forti, densi, profumano…come può un giovane accettare i bassifondi puzzolenti di una politica fatta di compravendite, di giochi di potere, di interessi personali? Come può un giovane non soffrire nel vedersi deriso e inascoltato da un Ministro? E come può un Ministro ripetere la stessa stupida parola o frase come un disco rotto, come un bambino dispettoso che adesso maneggia i comandi? E come possiamo noi non stare dalla parte dei nostri figli, dei nostri studenti, del nostro unico vero futuro? E, ultima stupida domanda, come può un partito neonato che si chiama futuro e libertà votare una legge sulla riforma universitaria progettata senza alcun confronto con i giovani e liberi protagonisti della riforma stessa?

E adesso, la terra. E il vino, che io immagino bere in quest’inverno in compagnia, senza girare troppo i calici, ma aguzzando i sensi, e aprendo il cuore.

A ottobre una discreta vendemmia, rubata a giorni di piogge abbondanti e continue. Novembre è cominciato con una tromba d’aria che ha divelto una dozzina di pini, di quelli che costeggiano la statale. Piante di quindici metri che si sono abbattute sulla carreggiata e sulle terre. La gente è accorsa, armata di motoseghe, per le provviste invernali. I trofei erano le pigne più belle, quelle verdi e grosse che solitamente restano nella chioma lassù in alto, irraggiungibili. Uno di questi pini è disteso ancora intero su una scarpata difficile da raggiungere. Sembra un capodoglio spiaggiato, fuori dal suo elemento. Le radici, che vivono nella terra, adesso ghermiscono l’aria come gigantesche dita scheletriche, morte. E il cappello ampio che galleggia lassù, nell’anticamera del cielo ai nostri occhi, sbadabam! È crollato fra noi, nella macchia di mirto e lentisco. Anch’io come tutti gli altri, ho partecipato alla festa del taglio, alla ricerca della pigna. Eravamo primitivi al banchetto del mammuth abbattuto, iene, avvoltoi, o semplicemente umani con i camini a casa.
Al ceppo tagliato dalle potenti motoseghe dell’Anas abbiamo contato gli anelli interni: circa settanta, quindi pini fascisti erano. Il mio agronomo mi ha fatto notare che intorno a loro nessun figlio era nato, segno che non era il loro habitat. Le conclusioni sono evidenti, e io meno dispiaciuto per l’ombra persa.

Musica per le nostre orecchie:
Gil Scott Heron - The revolution will be not televised
The Clash – White riot
Bob Marley – One love


Salvatore Magnoni
a

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posted by Mauro Erro @ 12:30,

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