Timorasso (Coste del Vento) 1996, Vigneti Massa

Mi ha molto colpito, durante la presentazione delle Guide de L’espresso, la frase di uno dei curatori che recita il vino è emozione, non perfezione. Una frase quasi banale sembrerebbe di primo acchito, ma invece, attualissima nei giorni delle presentazioni delle guide, trascorsi con il misurino per discernere la validità di un 18/20 rispetto ad un tre bicchieri o un 96/100. Una discussione insostenibile, elitaria a dir poco, cavillosa, stupida il più delle volte. Non è affrontabile in poche battute questo discorso; è vero che se esiste una tecnica della degustazione, un codice e delle regole che si applicano al mestiere, una capacità d’analisi e d’indagine, è vero che esistono “oggettivamente” de vini buoni e dei vini non buoni. Ma quanto siano buoni, spesso è questione di sfumature, di sensibilità e di gusto quando appunto si parla di emozione.
In questo aggiungo e ricordo una vecchia frase di Veronelli che insegna che nel vino, quello buono, vanno trovati prima i pregi e poi gli eventuali difetti.
A ciò potete aggiungere tutto quello che di romantico, di epico, talvolta di lirico accompagna un vino e che attiene alla storia del produttore, in questo caso Walter Massa, a cui mi lega un rapporto di stima che si è rinnovato quando ho scritto su 101 vini da bere almeno una volta nella vita di Luciano Pignataro del suo Derthona Timorasso.
1996, 15 anni dopo. Il naso è terroso, spudoratamente minerale di pietra focaia e idrocarburi che a intermittenza fanno capolino. Sottilmente ed elegantemente balsamico, di finocchietto, si arricchisce di innumerevoli sensazioni: floreali, di frutta secca, coinvolgente la nota d’amaretto, poi gli agrumi canditi ed un nota goduriosa e sfacciata di zafferano, tra le tante. Non ti stanchi mai di stare incollato al calice ad annusare. Poi quella bocca.
Volendo stare ai difetti, come se stessimo parlando della Marta, una delle donne capricciose conosciute chissà in quale vita – tutti abbiamo conosciuto una Marta, vero? – allora staremmo a parlare di definizione aromatica e persistenza.
Come se ci mettessimo a parlare di canoni di estetica davanti alla Marta incapaci di ammirare semplicemente la bellezza.
Entra succoso, e nonostante si senta l’età, è elastico, teso, dinamico, con un finale da brividi. Il suo percorso si conclude in dissolvenza. Come una buona musica, colonna sonora di una storia che ci passa davanti agli occhi, svanisce sui titoli di coda. S’assottiglia lasciando tracce, ritorni olfattivi leggeri, mentre un’acidità vispa, ti da una scarica e un brivido ti corre dietro la schiena.
Come se ti trovassi davanti alla Marta.
E quello che poi si dovrebbe fare davanti alla Marta – o a questo vino – non lo scrivo perché esiste la censura del pudore.
a

posted by Mauro Erro @ 11:44,

2 Comments:

At 12 ottobre 2010 alle ore 14:55, Blogger Gianpaolo Paglia said...

assaggiato coste del vento timorasso Walter Massa 1997 solo pochi mesi fa (al Tufo Allegro a Pitigliano, Walter lo conoscera'). Il vino era buonissimo, complesso, ancora vivace e piacevolissimo da bere, veramente un grande vino bianco italiano.

 
At 13 ottobre 2010 alle ore 12:56, Anonymous Anonimo said...

E' vero, senza dubbio il Timorasso '96, assaggiato insieme ai fratelli più giovani, ha impressionato per un dinamismo ed una finezza espressiva che, forse per la giovane età, le altre annate non offrivano.
I millesimi più giovani hanno esibito, essenzialmente, opulenza e grande spalla alcolica.
Per quanto mi riguarda, ho capito che il Timorasso, almeno nell'interpretazione di Massa, è un grande bianco da invecchiamento.
Luca Miraglia

 

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