The Bottle: Zappa reloaded - Jazzland -


Si racconta di un contadino che quando conquistò il posto fisso come bidello prese la zappa la buttò in un fosso e ci sparò un paio di colpi sopra con la doppietta.
Zappare è terribile. E c’è chi l’ha fatto per una vita intera, non per scelta.
Zappare è terribile.
Quando la terra, pietre e argilla piena d’acqua raccolta nell’inverno e infornata al sole ai primi caldi di maggio e giugno, diventa dura come cemento, impenetrabile…sei sette ore sotto il sole… Ti sembra di spaccarti a metà, ad un tratto non hai più nulla dentro, nemmeno un briciolo di forza, nemmeno l’ultimo fiato. Sembra impossibile arrivare alla fine del filare, lassù in cima. Ogni metro è una conquista, e spesso ti volti indietro per vedere il lavoro fatto. Ogni tanto ti guardi intorno cercando l’uomo con la frusta o la carabina puntata, perché è proprio come un lavoro forzato….
e ti chiedi chi te lo fa fare.
Ti senti come uno schiavo al servizio della terra, terra che ti ha rapito e non ti molla più.
E sudi, sudista insudiciato, sudi come se ti sciogliessi, capisci di essere acqua che affiora sull’epidermide e scivola giù e torna alla terra come tributo.
Meccanizzare tutto nella mia vigna non è possibile, neanche lo vorrei.
Le asperità della collina le ho rispettate, non ho eliminato tutte le pietre, ossatura della terra.
Non sarà mai tutto dritto e liscio e uguale per una macchina che possa zappare il filare al posto mio e di Pinuccio. E le viti giovani vanno zappate, anche due tre volte l’anno.
I creaturi fanno buttare il sangue.
Il bello è che poi li vedi crescere, cerchi di difenderli da tutto il resto. E alla fine la vigna sembra una grande opera di land art, composta da migliaia di esseri viventi in continua mutazione. Questo ti ridà la forza che sembrava svanita, rimette a posto la schiena spezzata: tu e la terra, e quello che è stato fatto si vede a distanza.
Ad agosto i filari sono di un verde brillante, come ramarri. Si respira un tempo sospeso, come se si aspettasse solo il concerto dopo le ultime prove. Sotto le foglie, l’uva comincia a colorarsi, come se un inchiostro stesse scrivendo sugli acini la partitura di una vendemmia. Il crescente lavoro cominciato in autunno, rafforzato in inverno, esploso in primavera, adesso vive la pausa prima dello spettacolo finale.
E il blues della fatica diventa il jazz della contemplazione. Di una bellezza struggente e appagante. I grappoli sono note disegnate sul pentagramma dei filari, e la brezza è il fiato che fa vibrare un’ancia di contralto.


Colonna sonora e credits:
John Coltrane: My favourite things
Bud Powell: Blue pearl
Bill Evans: Beautiful love

foto: Vigna Località Cigno, Rutino (Sa) - Azienda Agricola Salvatore Magnoni

Salvatore Magnoni

posted by Mauro Erro @ 14:36,

2 Comments:

At 12 agosto 2010 alle ore 20:15, Anonymous Anonimo said...

Racconto e brani meravigliosi..però io quando uso la zappa, in testa mi vengono solo AC DC almeno così le bestemmie si coprono con un buon rock!Buon ferragosto. Gian Paolo

 
At 12 agosto 2010 alle ore 21:39, Blogger Mauro Erro said...

:-)
buon ferragosto anche a te

 

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