La Locanda di Bu e “Tonino” Pisaniello

Quaranta gradi all’ombra, si girava per piccole vigne assaggiando Taurasi, non una cosa da tutti i giorni e nemmeno da 21 agosto, ma si sa…a noi piacciono gli sport estremi così che, mentre la gente sudava al mare noi lo facevamo in vigna, rinfrescandoci in cantina e mangiando agnello e maialino alla contr’ora…È andata proprio così, tra una vigna e l’altra, quel giorno ci abbiamo riprovato: abbiamo chiamato Antonio Pisaniello sperando che non fosse in ferie e chiesto un tavolo per due. In netto ritardo siamo arrivati trafelati, accaldati e timorosi, ci siamo seduti a tavola accolti affabilmente nonostante in cucina affilassero coltelli e lì siamo rimasti seduti fino alle cinque del pomeriggio. La Locanda di Bu si trova nello splendido borghetto di Nusco, territorio di De Mita, (nel caso qualcuno non ne fosse a conoscenza, all’entrata del paese c’è un gran bel cartello ad indicarlo) in un vicoletto al centro del paese. Accogliente, toni bianchi e caldi, nel piccolo ristorante niente è lasciato al caso, dai colori alle poltroncine (comodissime) ai particolari, progettato e costruito secondo i dettami della bioedilizia, un piccolo angolo di Nord Europa tra i Picentini. Anche la toilette vale la visita. Antonio o Tonino, come più vi aggrada, ci ha accolto cordialmente nonostante l’ora (tra vigne e vignaioli spesso si perde la cognizione spazio/temporale) e ci ha introdotto da subito nella sua cucina e nel suo mondo. La sua cucina è un mix di innovazione e tradizione: qui si gioca con materie prime di eccellenza che vengono elaborate con sapienza. Alla Locanda di Bu c’è un po’ di tutto: conoscenza, territorio e audacia, tutto questo si legge nelle combinazioni degli elementi dei piatti, nella loro presentazione, nella storia di Pisaniello, nella scelta dei suoi collaboratori e persino nel logo del ristorante!

I menù sono tre: “Contaminazioni” da 65 euro, “Il Borgo” da 50 euro e il menù alla carta. Oltre questi tre ce n’è un altro però, l’immancabile “Fa’ tu” che noi abbiamo ovviamente scelto. L’entrèe: polpetta di pane cafone con mandorle tritate, vellutata di pomodoro e burrata è stato un ottimo inizio, accompagnata da grissini e lingue di suocera con granelli di semola e bagnata da spumante Berlucchi. Subito dopo la scelta del vino: Sauvignon Blanc 2004 Voglar di Dipoli, non sapendolo abbiamo omaggiato anche i trascorsi altoatesini dello chef. Tra una portata e l’altra, infatti, Antonio si raccontava: abbiamo così saputo della sua esperienza a Bolzano da Herbert Hintner, delle consulenze a Pietroburgo, del ristorante Il Gastronomo, della sua vecchia brigata e dei suoi progetti futuri. Si parlava di Irpinia e del suo grosso bacino idrico che macina pazzi, delle difficoltà di portare avanti una cucina di qualità in una terra ricca di materie prime, ma che non ne concepisce trasformazioni. E mentre di trasformazioni si parlava continuavamo a deliziarci con quelle che ci arrivavano nei piatti, come l’hamburger di podolica con maionese agli agrumi, mosto cotto e zucchine fritte semplicemente meraviglioso. La carne si scioglieva in bocca e la maionese agli agrumi la accompagnava arricchendone semplicemente il sapore, non c’era bisogno di smorzare niente, ma solo di valorizzarne il gusto e il connubio era perfetto. Non da meno l’altro antipasto: caldo freddo di baccalà e patate con pomodorini, olive nere e cipolla ramata di Montoro, un baccalà dalla cottura perfetta, dal gusto non invadente con pomodorini che sapevano di pomodorini.

Di trasformazione si è parlato ancora con gli spaghettoni di Gragnano con friarielli (peperoncini verdi) crema di peperoni e di caciocavallo podolico o con i ravioli ripieni di patate al tartufo (lo scorzone estivo di Bagnoli Irpino). Il pranzo proseguiva piacevolmente, perché ad allietarci oltre ai piatti e al vino c’era la spiccata simpatia di Antonio, i discorsi andavano un po’ ovunque e ci si rendeva conto di trovarsi di fronte ad una persona preparata e professionale, eccentrica al punto giusto da avere il coraggio di sfidarsi continuamente. Mi ha colpito la sua analisi del territorio, la conoscenza delle sue ricchezze come dei suoi limiti, le sue esperienze, l’amore e la passione per il suo lavoro e il rapporto con la sua brigata. Naturalmente tra una chiacchiera e l’altra si continuava a mangiare e con i secondi penso abbiamo toccato l’apoteosi: agnello di Carmasciano in tre modi (spalla croccante con finocchietto selvatico, cotoletta panata e involtino di pancia) con crema di melanzane e interiora; maialino con mela annurca alla vaniglia e pistacchi su crema di cioccolato. L’agnello era semplicemente perfetto, ma il maialino quando affondava nel cioccolato era qualcosa di divino. I quaranta gradi accumulati durante la giornata non ci hanno riservato spazio per il dessert, abbiamo provato a mandare giù un po’ di piccola pasticceria riservandoci di ritornare quanto prima per provare anche i dolci.
Unico neo della giornata è non aver trovato Jenny Auriemma, la moglie di Antonio che si occupa della sala e cura la carta dei vini (di buona ampiezza con circa trecento etichette compresa una piccola lista di birre artigianali: attendiamo fiduciosi solo una maggiore cura del particolare e di etichette fuori “norma”). Ritorneremo quindi, puntuali e con il fresco per assaggiare i dolci, conoscere Jenny e ritrovare il giovane chef che si è fatto da sé e che ha saputo cogliere il più giusto insegnamento dalle sue esperienze: una grande apertura mentale, cosa che, ahimè, spesso scarseggia da queste parti…

Adele Chiagano

La Locanda di Bu

Vicolo dello Spagnuolo 1, 83051 Nusco (AV),
T: 0827 64619, F: 0827 64619,
E: Info@lalocandadibu.com

posted by Mauro Erro @ 09:04,

1 Comments:

At 5 settembre 2009 alle ore 10:12, Anonymous Anonimo said...

...quante leccornie...mamma mia!...lo spaghetto mi intriga assai!!!:-)
Brava Adele....baci
claudia

 

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