De degustazione (con rassegna stampa)



Ultimamente mi è capitato di trovarmi a discutere con vari bevitori di questo argomento e di leggere, in giro per il web, spunti interessanti circa la degustazione e, complice la nuova edizione di una fortunata trasmissione televisiva, del cosiddetto fattore x: ripensandoci, credo di non averne mai parlato su questo blog. De degustazione e affini.
Ricordo una volta che ne discutevo con Francesco Annibali, che ribattendo ad una mia considerazione riguardo l’intuito che occorre ad un degustatore, mi rispondeva così: Penso significhi (degustare un vino, n.d.a.) soprattutto discernere e paragonare. La degustazione è un atto squisitamente semiosico, una catena ininterrotta di abduzioni. Cioè di tentativi, ed interpretazioni. Un po’ come fare le parole crociate. Resto basito di fronte a quanti pensano si tratti di una intuizione.
Nessuno dei due aveva torto. Si potrebbe dividere la degustazione in due momenti, il primo prettamente sensoriale, il secondo analitico-deduttivo. Questa premessa è fondamentale.
Non so quanti di voi abbiano sentito parlare di degustazione trascendentale o di degustatore trascendentale? E del Fattore x?
Potreste iniziare leggendo qui, ciò che asserisce Ernesto Gentili circa il fattore x: cioè la capacità di un vino di emozionare (in un certo senso inspiegabilmente) più di un vino stilisticamente e tecnicamente fatto meglio. Un esempio? Leggete qui ciò che scrive Roberto Giuliani a proposito del celebratissimo Solaia versione 1997.
Per fare un paragone blasfemo, è come avere due donne innanzi, una carina, con quel non so che di attraente. L’altra, bellissima, forse anche rifatta da capo a piedi, dai seni alle labbra, ma anonima.
Ma cosa sarebbe la degustazione trascendentale o il degustatore trascendentale? Argomento che spesso ricorre e di cui, se siete Porthosiani della prima ora, avrete sicuramente sentito parlare. Il degustatore trascendentale è colui che oltre ad essere pienamente padrone della tecnica degustativa, oltre ad avere una capacità di analisi di rara profondità, è un visionario: ha una determinata sensibilità che gli permette di vedere il vino nel suo insieme e nella sua essenza più profonda, cogliendone l’Uno (al di là del proprio gusto personale: cogliendolo tanto in un Amarone, tanto in una chiavennasca). Secondo Rizzari, sul pianeta ce ne sarebbero giusto tre o quattro di questi degustatori: io forse non sono così estremo, ma considerando che di bravi o ottimi degustatori in giro ce ne pochini, figuriamoci di trascendentali.
Attenzione, è meglio chiarire un aspetto. Mi è capitato qualche volta di intravedere questa particolare sensibilità in giovani bevitori alle prime armi: una sorta di orecchio assoluto; la capacità di avvertire la nota stonata in un vino tecnicamente perfetto o l’equilibrio tra le parti, il respiro vitale o come caspita vogliate chiamare il fattore x, in vini tecnicamente anche imperfetti, pur non riuscendo a motivarlo e darne spiegazione. Ma onde evitare inutili bla bla bla o sparare cazzate, o che ognuno di voi si svegli al mattino credendosi il nuovo Veronelli, tutto ciò di cui sto scrivendo è imprescindibile da una grande esperienza di bevute, ripetuti assaggi, padronanza della tecnica della degustazione, continuo studio e approfondimento – dalle tecniche enologiche alla chimica fino ai terreni –
Per fare un parallelo con la scrittura, se aspirate per ambizione, per passione, per curiosità o per pignoleria ad arrivare a certi livelli, conoscere non solo la grammatica, ma la tecnica di scrittura, sapere cosa sia un chiasmo o un’allitterazione aiuta: poi potrete anche consapevolmente essere sgrammaticati e lasciarvi andare alla poesia.
Seguite tre consigli. Il primo: bere con chi è più bravo di voi. Vi aiuta a non ripetere i soliti errori di valutazione o deduzione. Secondo: non abbiate preconcetti o sovrastrutture. Terzo: prendete coscienza che per arrivare a certi livelli bisogna avere tempo, pazienza e soldi. Con una amico abbiamo stabilito che la media di spesa è di circa due o tremila euro mensili da reinvestire nella propria cantina. Capito?
Per cui, agli amici dell’ais che mi seguono in tanti: non bastano i vini che bevete durante i corsi, né quelli gratuiti dei banchetti durante le manifestazioni di settore. Quando avete conseguito il vostro diploma, se siete stati fortunati con i relatori che avete avuto, siete in possesso degli strumenti rudimentali (due pietre e la paglia per accendere il fuoco) che vi occorrono, ma il bello deve ancora iniziare.

E ora, Horace Silver.

Nota: L'espressione "Degustazione Trascendentale" è un termine coniato da Fabio Rizzari che ne ha circoscritto anche i confini teorici.

posted by Mauro Erro @ 13:17,

8 Comments:

At 21 gennaio 2009 alle ore 13:52, Anonymous Anonimo said...

Quanto è bello Horace Silver...
Fabio C.

 
At 21 gennaio 2009 alle ore 14:08, Anonymous Anonimo said...

Secondo me 3000 euro mensili sono una cifra spropositata.

Io penso che con meno di un terzo si riesce a fare lo stesso.

Diciamo 700, max 800.

Stiamo parlando comunque di una cifra piuttosto impegnativa per i più.

Fabio C.

 
At 21 gennaio 2009 alle ore 14:31, Blogger Mauro Erro said...

Tenendoci lontano dalla Borgogna, Bordeaux e Champagne, però...

 
At 21 gennaio 2009 alle ore 15:45, Blogger canesciolto said...

Secondo il mio modesto parere l'X factor è legato più a fenomeni emozionali che alla perfezione del vino in questione. Esempio: mi ricordo uno chambave rouge del 1975 di ezio Voyat che suscitò in noi emozioni fortissime, uniche, che non si sono mai più ripetute in altre degustazioni dello stesso vino o in annate diverse. E il vino in questione era un buon vino, ma certamente non un grandissimo vino! Di contro mi ricordo un Sassicaia del 1985 che lasciò noi estasiati, commossi dalle sensazioni degustative ed emozionali che tale vino riusciva ad esprimere. Questo è invece un grandissimo vino che mi ha emozionato come lo chambave!
Io penso che tralasciamo l'elemento "panta rei" che fa del rapporto tra vino, degustatore e tempo una triade unica ed irripetibile che "vince la partita con l'eternità"(E. de Filippo)

 
At 21 gennaio 2009 alle ore 18:30, Blogger Mauro Erro said...

Aspè..
la seconda parte di quello che scrivi è molto vero, ma secondo me attiene più alla relatività del giudizio che non alla capacità di emozionarsi innanzi un vino.
Sulla prima parte non concordo già partendo dal fatto che tu, sembra da quello che scrivi, stabilisci aprioristicamente che il Sassicaia 1985 sia un grandissimo vino a differenza di quello di Voyat. Perché, se ti hanno emozionato alla stessa maniera? I grandissimi vini o quelli emozionanti non sono solo ed esclusivamente i Grand Cru di Borgogna o le vecchie riserve di Barolo. Non è legato al costo il suo valore. Aggiungo una cosa, quello di cui parlo, ovviamente, non ha una base scientifica, è estremamente discutibile e si fonda, se così vogliamo dire, su base empirica. A meno che tutti i grandi degustatori citati e tanti altri, non abbiano avuto una visione da abuso di sostanze (etiliche) stupefacenti, inventandosi il fattore x. Ma circa la tua osservazione iniziale, aggiungo, che quando arrivi a certi livelli, il rischio del condizionamento è molto blando vista l’esperienza di cui parliamo. Perché emozionarsi più per un Sassicaia ’85 che non un’88 tanto per capirci? Spesso, tra l’altro, pariamo di vini bevuti alla cieca.
Non dimenticare che il più grande Maestro è il vino stesso, questo significa l’esperienza. Solitamente più vai avanti e più perdi ogni forma di condizionamento e ogni idea che ti sei fatto verrà probabilmente smentita da un bicchiere successivo. Miri alla purezza del giudizio.
L’unico reale problema è che l’idea di vino che hai coincida con quello che ti emoziona. Per questo parlo di andare al di là del proprio gusto e saper riconoscere quel fattore x tanto in un amarone quanto in una chiavennasca. Quel fattore x che fa, a parità di esperienza, un degustatore più bravo di un altro.

 
At 25 gennaio 2009 alle ore 08:59, Anonymous Anonimo said...

Ogni buon degustatore dovrebbe corredare la propria passione etilica con un "socratico" bagno d'umiltà...E' inutile negare che però l'atteggiamento più diffuso, equamente distribuito tanto tra i neofiti che tra i degustatori più smaliziati, è assai lontano dal "sapere di non sapere". Una tendenza alimentata da una costante e spropositata considerazione delle proprie capacità piuttosto che dalla consapevolezza dei propri limiti. Credo che sia un problema di sensibilità soggettiva e che qualsiasi corso, brutto o bello che sia, rischia di non riuscire a contrastare se non è accompagnato dalla collaborazione individuale...

 
At 25 gennaio 2009 alle ore 09:13, Blogger Mauro Erro said...

@ Tommaso: Interessante. Domanda: quindi è la conoscenza che fa il degustatore?

 
At 26 gennaio 2009 alle ore 13:09, Anonymous Anonimo said...

anche...
soprattutto quella di se stesso!
Tanto per rimanere in argomento filosofico!

 

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