Il Barone di Villagrande

11/08
A Casa del professore Sessa.
Il fantasma della pasta cu macco.
Il Barone di Villagrande.

Non avrei potuto trovare migliore guida del professore Sessa: docente di lingua inglese in pensione, ex sindaco di Milo, organizzatore della manifestazione ViniMilo per un certo numero di anni. Già all'arrivo ero rimasto impressionato dalla mole di libri dedicati alla Sicilia, all’Etna, a Milo e al vino che avevo trovato in casa sua. Tra gli altri, presi a sfogliare quello sul Brunello di Montalcino di Guelfo Magrini; di altri, tra cui un testo a sua firma, me ne farà dono alla mia partenza per Catania.
È affabile, disponibile, prende a raccontarsi e raccontare in maniera spontanea, ma soprattutto con quella capacità che non tutti gli insegnanti hanno di farti appassionare alle cose che dice.
“Dovrete assolutamente assaggiare la pasta cu macco!”
“E che è?”
“Una pasta con le Fave, e, imprescindibilmente, il finocchietto selvatico”.

Nel momento in cui lo racconta inizia a gesticolare, ma in un modo soave, artigiano, quasi artistico direi. Gesti minuziosi, misurati, che ho visto fare solo a grandi cuochi e grandi forchette che nel gesto di raccontarti un piatto o nel cucinarlo con faccia sorridente, estasiata, e gli occhi che brillano, stanno già godendo del sapore e, forse consapevolmente, te ne fanno sentire lo sciauro. Mi fece venire una voglia tale che non insistetti più di tanto sul fatto che le fave erano fuori stagione, e dopo che il professore ebbe chiamato al ristorante di un suo caro amico, accertatosi che la pasta cu macco ci sarebbe stata servita, stavo aspettando solo il momento in cui, dopo averne saggiato il primo boccone, avrei detto: “Signuri Ti Ringraziu!”
Non sarà così. La sera, quando arriverò al ristorante, non godrò d’altro che del mio nirbuso, mitigato appena da un Serra della Contessa 2001 dell’azienda Benanti di cui prenderò nota in seguito, scoprendo non solo che la pasta cu macco sarà solo un fantasma che mi ha inquietato, ma che mi ritrovo in uno di quei posti, i quali, sembra, noi meridionali teniamo tanto a preservare, in cui si fa l’apologia, l’esaltazione dell’arruffone!

A Milo, nell’azienda del Barone di Villagrande, ci accoglie la Signora Maria, che ci farà accomodare nella sala degustazione dopo che, dall’alto di un belvedere, avremo misurato, fotografato e goduto i filari delle vigne ben disposti che a forma di L, esposti in direzione sud ovest e nord est, quietamente si godono il sole caldo di quel mattino.
Ci raggiungerà, poi, il giovane Giuseppe Rapisarda, enotecnico e collaboratore dell’azienda, che gentilmente risponderà a tutte le nostre domande sui vini che assaggeremo.
Dispongono di venticinque ettari di proprietà di cui diciotto vitati, mentre i rimanenti sono destinati a bosco da cui un tempo l’azienda ricavava i legni per le grandi botti di Castagno, da duecento ettolitri e più, ricordo di un’enologia che fu, in terra siciliana, e di cui alcuni, come avremo modo di scoprire, hanno voluto conservare un ricordo. Le piante hanno tra i quindici e i vent’anni, anche se da tre anni si sta provvedendo a nuovi innesti, allevando le piantine con il sistema del cordone speronato, piantando i tralci ad una distanza tale da averne 5000 ceppi per ettaro, su terreni, ovviamente, sabbiosi di origine vulcanica.
Delle settantamila bottiglie prodotte, suddivise in sei etichette, ci servono dapprima i base eccezion fatta per il rosato. Il bianco, annata 2007, da uve Carricante, è con mia somma meraviglia, e dopo averlo assaggiato, passato per 4 mesi in legno. Tonneaux e barrique. Leggero, acidulo, al naso si lascia andare a un andazzo zuccheroso, segno che, la disgraziata annata che è stata la 2007 per i bianchi che ho incontrato per l’Italia, non ha risparmiato neanche quelli di qui. Il rosso, 2005, appellatosi Nerello Mascalese per la gran parte con lontane tracce del Cappuccio, è robusto, caldo, al palato ancora astringente per un tannino non domo e al naso ancora irretito dalle inutili dolcezze dei legni in cui sosta 10, 12 mesi per maturare. Peccati di gioventù. Se resiste ancora qualche anno, come penso, avrà perso tutte le tracce di questi inutili convenevoli, di questa voluta gentilezza di circostanza per mostrarsi più schietto. Dieci euro ciascuna per un bere corretto.
È il turno dei vini di punta.
Sciara, targato 2004, un abbraccio paritario tra il Nerello Mascalese ed il Merlot, affinato per 14, 16 o 18 mesi. Scuro, speziato al naso, entra morbido e se ne va acidulo con un tono leggermente amarognolo per un tannino non del tutto risolto. Equilibrato, non stucchevole, non si presenta con alcun sentore di frutto maturo. Eppure, è noto, il Merlot non mi fa simpatia. Ben fatto, indiscutibilmente.
Fiore 2006: ivi sono lo Chardonnay e il Carricante, in equilibrio paritario, ad incontrarsi. Dorato luminoso, si lascia a femminili profumi di cipria, talco, frutta candita. Al palato scorre morbido. I due vitigni passano sei mesi, in legni, a conoscersi.
Concludo la visita della cantina nella bottaia e vado via interrogando il giovane Rapisarda sulla Malvasia prodotta dai possedimenti dell’azienda in Salina, di cui mi hanno ben parlato e del perché dell’utilizzo del Merlot, come dello Chardonnay. Saluto la gentile disponibilità di chi mi ha tenuto compagnia facendomi l’idea che i due vitigni francesi asservano ad un compito non facile: aggiustare, ammorbidendola tanticchia, l’acidità di vitigni come il Carricante ed il Nerello, difficile a domarsi per via dell’altitudine dei vigneti. Allo stesso tempo, credo si voglia strizzare, sempre tanticchia, l’occhio al mercato condizionati da quella che fu, qualche anno fa, la nouvelle vogue siciliana, che ancora non ho ben capito esista ancora o sia tramontata, molto decisa sull’utilizzo dei piccoli caratelli francesi e dei vitigni internazionali migliorativi, di cui, idea che già avevo e che si è via via durante questo viaggio confermata, i vini etnei non hanno bisogno alcuno.
Ci muoviamo in direzione Randazzo: mi aspetta Massimiliano Calabretta.

The Beach Boys, Here Today.

posted by Mauro Erro @ 16:45,

3 Comments:

At 1 settembre 2008 alle ore 19:28, Anonymous Anonimo said...

ristorante Quattro Archi di Saro Grasso? Giusto? ;-)

G.

 
At 2 settembre 2008 alle ore 08:53, Blogger Mauro Erro said...

Ti devo innanzitutto ringraziare per il consiglio circa il Bed & Breakfast U' canali di Milo del Professore Sessa: anche se per pochi giorni, ottima guida ed intrattenitore durante le mie colazioni. Alla tua domanda non so rispondere, non ricordo. Racconto il bello, gli incidenti di percorso tendo a dimenticarli. ;-)
Ciao.

 
At 3 settembre 2008 alle ore 00:20, Anonymous Anonimo said...

Mannò non devi ringraziarmi! Piuttosto son contento che abbiate conosciuto il professore, a Milo non credo possa esistere guida migliore.
In un certo senso hai già risposto, Sarò Grasso non credo possa essere un incidente di percorso, piuttosto credo che intorno a ferragosto sia in vacanza.
ci aggiorniamo in mail...

G.

 

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