Etna bianco Pietramarina 2004, Benanti

Spesso indugio in alcune considerazioni ché, per quanto possano essere semplici, addirittura banali, forse ai più, a quelli che si suol definire “normali consumatori”, possono essere di dubbia comprensione. Un grande vino, uno di quelli per cui ci si emoziona e non si “beve” soltanto, è sempre il frutto di un territorio particolare, in cui un determinato vitigno con le sue prerogative si è ben acclimatato e dell’intervento o meglio, dell’allevamento di un uomo che si preoccupa di non guastare troppo quello che Madre Natura gli ha donato. Il giusto equilibrio tra queste componenti, indipendentemente dall’annata che sarà più o meno buona, ci regala un succo, un concentrato emotivo che chiamiamo Vino (con la “V” maiuscola). In questo caso il territorio è quello del versante est dell'Etna, ad un’altitudine di circa 1000 metri sul livello del mare su terreni sabbioso-vulcanici che permettono la coltivazione della vite su piede franco. Il vitigno è il Carricante, una varietà estremamente tardiva e con un contenuto di acidità totale elevatissimo, il che spiega come questo vino possa essere lontano dallo stereotipo di tanti bianchi siciliani a me indigesti tutta “ciccia e brufoli”, pardon, tutta “ciccia e alcool”. L’enologo è Salvo Foti e non mi pare ci sia bisogno di aggiungere altro. Il colore è giallo paglierino impreziosito da fulminei lampi dorati. Il ventaglio olfattivo è ampio e spazia da un’insistente quanto costante nota minerale-vulcanica, che rappresenta lo sfondo su cui s’alternano in scena numerosi teatranti: i fiori bianchi seguiti dalla frutta quasi esotica, (ma né invadente, né melliflua), da note d’agrumi, poi i fiori di zagara e note di pasta di mandorla (cosi è se vi pare). Al palato la beva è trascinante grazie alla sapidità di matrice minerale che sfruculia (nel dialetto napoletano assume diverse accezioni a seconda del contesto, in questo caso: stuzzica) la lingua: state già ampiamente salivando per l’importante acidità che s’avverte, mentre vi scorrono attraverso la bocca fino alla mente i sapori i cui profumi avevate annusato e le immagini della Sicilia, nuda e pura, che, finita l’interpretazione magistrale che il vino ha dato e chiuso il sipario, non rimane che organizzare un viaggio per quelle terre. Mattanza, Vitti 'na crozza.

posted by Mauro Erro @ 11:52,

1 Comments:

At 9 luglio 2008 alle ore 22:36, Anonymous Anonimo said...

ottimo vino, bellissima recensione.
La mineralità prevalica su sentori solari e avvolgenti. Un bianco eccezionale e l'acidità contribuisce ad una longevità incredibile: nel 2007 ho bevuto il 1996. Qui:
http://aniceecannella.blogspot.com/

 

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