Faro Palari 2002, Salvatore Geraci

Il vino è piacere, è capacità di imparare partendo da una curiosità che vuole essere saziata avendo come spinta propulsiva una passione, un godurioso piacere che induce a stappare, stappare e stappare. Esperienza, dati che cerchi di archiviare, informazioni che scatenano riflessioni e deduzioni. Un continuo divenire della propria consapevolezza del vino unita al divertimento che se ne trae. Un bevitore è fondamentalmente questo. Ho avuto la fortuna di poter bere questo vino in una miniverticale, e avendo già scritto del 2004, mi soffermo su questo amore carnalmente non consumato. Su quest’attimo inespresso, su quest’aspettativa delusa, su questo incontro fugace, un coitus interruptus che lascia sì una mancanza, ma di quelle che ti aiutano a crescere. Il colore affascinava nelle sue trasparenze di un rubino vivace e scintillante che volteggiando nel bicchiere m’avviluppava i sensi chiedendo passione. Al naso si mostrava intrigante, con una piccola e iniziale nota di riduzione per nulla fastidiosa, aprendosi, poi, mano a mano evidenziando una certa mineralità (ferrosa o ematica), sentori di piccoli frutti di bosco, sensazioni balsamiche e di spezie, rimandi di tostatura del legno. La bramosia era tale che era difficile resistere alla voglia di averlo, di farlo proprio, di saggiarlo. Tannino verde, incompiuto, scomposto. Nel tempo, grazie anche al cibo a cui lo accompagno, pare trovare una sua dimensione, la sua snellezza e freschezza rappresentano un sussulto orgoglioso, ma rimane il senso di un tradimento, seppur mitigato, che mi ricorda le immagini di C’era una volta in America, musicate da Ennio Morricone.

posted by Mauro Erro @ 12:40,

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